Prima erano i metadati delle telefonate USA , poi è arrivato il programma di sorveglianza globale di tutte le comunicazioni digitali (PRISM) e ora si apre di un ulteriore, terzo fronte nel sempre più esteso scandalo delle intercettazioni pervsive dell’intelligence statunitense che coinvolge i produttori di software a stelle e strisce.
Fonti anonime in contatto con Bloomberg sostengono infatti che Microsoft e gli altri grandi soggetti del mercato del software globale siano soliti “condividere” le informazioni riservate su bachi e vulnerabilità nel codice con NSA, CIA, FBI e Pentagono prima della loro diffusione pubblica, un modo per avvantaggiare le autorità statunitensi e per garantire una migliore protezione contro gli agenti esterni.
Sarebbero migliaia le aziende coinvolte in questo passaggio di informazioni, un comportamento che risulterebbe perfettamente in linea con la legge statunitense – senza la necessità di scomodare richieste segrete e Patriot Act – e che vedrebbe in Microsoft uno dei “pesci grossi” dell’intera vicenda.
Stando alle fonti di Bloomberg, quindi, i bachi di Windows e degli altri software di Redmond come Office e Internet Explorer (per citarne solo un paio) diverrebbero noti all’intelligence USA prima di chiunque altro al mondo, e l’intelligence avrebbe a questo punto gioco facile – come nel caso già conclamato del super-worm Stuxnet – nello sfruttare le vulnerabilità per spiare i paesi stranieri e magari fare pure di peggio, come il programma PRISM insegna.
La NSA spia tutti, sempre e comunque in ogni parte del mondo, ha avvertito la talpa di PRISM Edward Snowden, ma secondo la politica di Washington le prove che tale estesa, costante e ubiqua violazione della privacy e delle leggi internazionali serva davvero a qualcosa continuano a latitare .
Preoccupa infine l’ennesima rivelazione del caso PRISM, questa volta riguardante il mezzo con cui Snowden avrebbe trafugato tutte le informazioni che sta ora mettendo a disposizione della stampa e dell’opinione pubblica di mezzo mondo: l’ex-analista della CIA ha usato nient’altro che una chiavetta USB , croce e delizia – ma soprattutto croce – dell’intelligence, che ha infatti messo al bando questo genere di dispositivi da parecchio tempo. Inutilmente, a quanto pare.
Alfonso Maruccia