Lo ha reso noto il Wall Street Journal e la notizia ha rapidamente fatto il giro della rete: alcuni dei maggiori produttori di contenuti, note multinazionali dell’intrattenimento, hanno accusato Google di essersi fatto complice di atti di pirateria di massa .
Le accuse , segnala Reuters , sono tanto più pesanti perché arrivano dai pesi massimi Viacom, News Corporation, Sony, NBC Universal, Time Warner e Walt Disney. A loro dire, Google tra il 2003 e il 2005 ha contribuito a far conoscere i due siti EasyDownloadCenter.com e TheDownloadPlace.com , raccogliendo pure un discreto gruzzolo dalla loro attività.
Come dettaglia ITWorld , i gestori di quei siti, denunciati dalle major, hanno dichiarato di aver raccolto in quei due anni 1,1 milioni di dollari e di averlo fatto sfruttando il celebre sistema di advertising di Google. Non solo, le loro testimonianze parlano di una vera e propria consulenza da parte di Google, che avrebbe anche suggerito le parole chiave da usare per legare i link al proprio sito ai risultati di ricerca del motore (cose come “pirated” o “bootleg movie download”). E non sarebbero stati i suggerimenti automatici previsti dal sistema di advertising, ma quelli pronunciati da un dipendente Google assegnato ai due per l’occasione, cosa che in sé peraltro non rappresenta un’evidenza di alcunché: molti siti ad alto traffico vengono affiancati da un consulente Google per l’utilizzo dei suoi sistemi di promozione.
A rendere delicata la posizione di BigG interviene però la testimonianza di un dipendente del colosso della ricerca che, stando a quanto riferito dalle major, ha sostanzialmente confermato quanto accaduto . Altri dettagli su queste dichiarazioni non si hanno anche perché al momento le deposizioni sono secretate.
Stando alle ricostruzioni delle major, Google ha guadagnato più di 800mila dollari dall’attività pubblicitaria di quei siti.
Per tentare di sanare la situazione e dare un contentino a chi l’accusa, Google ha convocato in fretta e furia una conferenza stampa in cui ha annunciato importanti cambiamenti nella policy di gestione del proprio circuito di advertising.
In particolare l’azienda ha promesso che rimuoverà quegli annunci che possono danneggiare i produttori, che darà vita ad una lista di inserzionisti “certificati” e non venderà più parole chiave pensate per veicolare il traffico Internet verso materiali pirata. Anche il personale commerciale di Google sarà istruito per evitare di dare manforte a chi dispone online operazioni illegali e tenta di guadagnarci sopra con quegli strumenti pubblicitari.
Va detto che i due gestori dei siti fondavano il proprio business sulla vendita di un software da 30 dollari con il quale dichiaravano di rendere più facile l’individuazione di film, musica ed altri contenuti sulle piattaforme di scambio peer-to-peer.
Per Google la storia potrebbe chiudersi qui: per quanto abbiano mostrato i muscoli, nessuno dei big che accusa l’azienda ha deciso di sporgere denuncia.