Google fa marcia indietro riguardo ai cookie a lunga conservazione, ma l’Unione Europea, anticipa un membro di una commissione che vigila sulla privacy, sembra non essere soddisfatta: due anni di permanenza dei cookie sono un periodo ancora troppo lungo per conservare le preferenze dei netizen . La questione della privacy resta rovente, e c’è chi inizia a cavalcare le preoccupazioni degli utenti.
Google, il mese scorso, ha deciso di accondiscendere alle richieste formulate dall’Unione Europea in materia di privacy: i log delle sessioni online degli utenti verranno resi anonimi dopo 18 mesi ottemperando alle normative vigenti, mentre i cookie avranno una durata di due anni . Queste le promesse di BigG, promesse che sembrano non influire sulla qualità dei suoi servizi, né sembrano modificare radicalmente lo scenario delle sue strategie aziendali .
Peter Schaar, a capo dell’ Article 29 Data Protection Working Party , organismo che affianca la Commissione Europea per le questioni che riguardano la privacy e i dati personali dei cittadini, mette però Google sull’attenti, anticipando il parere dell’Unione Europea in materia. “Paragonato alla precedente durata trentennale, il periodo di conservazione dei cookie sembra breve. Osservando però la questione nell’ottica della protezione dei dati, considerato che le abitudini di ricerca degli utenti sono registrate e possono essere analizzate con qualsiasi intento, questo periodo resta comunque troppo lungo “.
Tanto più che la durata limitata dei cookie non è che una scadenza fittizia: i file che riconoscono gli utenti e ne ricordano le preferenze si dissolvono dopo due anni di mancato accesso alla pagina che li distribuisce, accesso che ne rinnova la scadenza facendo ripartire il countdown biennale. Il che equivale a dire, avverte The Register , che la scadenza di un cookie non può che segnalare la dipartita del netizen al quale era stato assegnato, o dell’hard disk sul quale il cookie era conservato. La revisione della scadenza dei cookie operata da Google, quindi, non presuppone affatto periodi di conservazione più brevi.
Certo, come spiegava nei giorni scorsi Alexander Dix, un altro membro del gruppo di lavoro Articolo 29, i cookie non sono un attentato alla privacy. I biscotti distribuiti da Google tengono traccia di alcune innocue preferenze dell’utente, quali la lingua con la quale visualizzare le pagine o il numero di risultati mostrati per ogni ricerca. A dispetto di quanto insinuato da molti, non sembra esservi prova del fatto che i cookie di Google siano l’avanguardia di un complotto che punti a profilare troppo gli utenti, al fine di somministrare pubblicità e servizi ad hoc. Anzi, conferma Schaar, i cookie sono spesso utili nel caso di alcuni servizi, e gli utenti possono decidere di servirsene o meno , avendo a disposizione i mezzi – dalle funzioni dei browser a strumenti specifici come l’add-on TrackMeNot per Firefox – per ripulire le proprie macchine da “biscottini” e briciole sparse dai siti che hanno visitato.
Il vero nodo della questione, dunque, non è più esclusivamente tecnico: coinvolge e colpisce l’immaginario dei netizen , diffondendo timori in alcuni casi amplificati dal trattamento dei media, in alcuni casi scatenati dall’atteggiamento di Google, spesso sulle difensive . Sintomatico della situazione, un poll commissionato dal motore di ricerca semantico Hakia.com : pur raccogliendo le risposte di un numero ridotto di netizen , il poll ha messo in luce come il 62% di loro diffidi dai motori di ricerca in materia di tutela della privacy.
È proprio cavalcando questi timori che fa la sua comparsa AskEraser , un servizio proposto da Ask.com . Pur senza fare alcun riferimento a Google, in un comunicato stampa segnalato da RegDeveloper , il CEO del motore di ricerca annuncia l’avvento di un tool che possa affidare agli utenti il controllo dei propri dati , consentendo di cancellare qualsiasi traccia del loro passaggio, comprese quelle anonime. Uno strumento che, osserva Search Engine Land , appare ancora ben distante dal celebre pannello di controllo per i dati personali proposto da John Battelle, anche se è probabile sortisca lo stesso effetto di conquistare la fiducia dei netizen .
Allo stesso modo, per l’Unione Europea quella dei cookie sembra essere una questione di trasparenza e di fiducia. I cookie, almeno in apparenza, non rappresentano un pericolo per i netizen . Costituiscono però un pericolo i riscontri offerti da Google in materia di cookie, ritenuti troppo vaghi. Riscontri che non bastano a rassicurare i cittadini e le istituzioni, fanno sapere da Bruxelles, soprattutto se messi in relazione ad altri aspetti della strategia aziendale, quali la conservazione dei log e il tracciamento delle sessioni di navigazione , e riguardo alle ambizioni che BigG sembra nutrire nell’ambito dell’ advertising , per le quali potrebbero risultare fondamentali i dati offerti inconsapevolmente dagli utenti.
Gaia Bottà