Roma – Hanno di rado preso la parola fuori dal Palazzo e nei tanti mesi in cui è nata e cresciuta la contestazione di mezza Europa verso la proposta di direttiva dei brevetti sul software non hanno saputo contrapporre un uguale schieramento d’opinione: ci provano ora, sono quelli della EICTA , l’associazione delle industrie europee, che intende appoggiare la direttiva sui brevetti .
EICTA ha ora lanciato una campagna ( qui in pdf l’annuncio) per sostenere la direttiva e spingere l’Europarlamento ad approvarla in via definitiva, quando sarà chiamato a votare probabilmente ai primi di luglio.
L’associazione ha realizzato un Manifesto che sostiene essere stato firmato da una 50ina di imprese piccole e medie di tutta Europa. Nel Manifesto si afferma che “i brevetti sono uno strumento vitale per aziende innovative: le società specializzate possono proteggere le loro invenzioni dallo sfruttamento da parte di competitor maggiori, che hanno più facilità di raggiungere il mercato di massa, proprio con i brevetti. Allo stesso tempo, la possibilità di dare in licenza le proprie tecnologie consente loro di ottenere un ritorno sugli investimenti, allo stesso tempo incoraggiando la condivisione delle proprie invenzioni”.
Secondo EICTA “ottenere dei capitali di investimento rappresenta uno dei più grossi ostacoli per le piccole imprese e i brevetti sono spesso un requisito essenziale per ottenere i fondi. Un sistema uniforme e stabile di brevettazione aiuterà ad incoraggiare investimenti in Ricerca e Sviluppo e di far crescere i loro business”.
A sostenere questa posizione è il sito collegato Patents4Innovation in cui si afferma che l’approvazione della direttiva è essenziale per due milioni di posti di lavoro nell’industria dell’alta tecnologia europea.
In una sezione del sito, intitolata “Smitizzazione”, si legge, tra le molte cose, che la direttiva non cambierebbe nulla alla produzione di software open source e si afferma come a sostenere la direttiva siano in tanti. EICTA infatti ricorda che all’associazione aderiscono 51 società multinazionali e, attraverso le organizzazioni commerciali locali nei singoli paesi, più di 10mila piccole imprese che impiegano nel complesso quei circa due milioni di persone il cui posto di lavoro sarebbe a rischio in caso di mancata approvazione della direttiva.