Firenze – La dimostrazione dell’effettiva coerenza tra consumi telefonici e relativa fatturazione è compito di Telecom Italia . È quanto sostiene Aduc , commentando una sentenza del Tribunale di Genova, in relazione alla fatturazione di alcuni servizi erogati attraverso un dialer legato ad una numerazione 166.
“La vicenda oggetto del giudizio – riporta l’associazione in un comunicato – era capitata all’Aci di Genova, che nel 1999 si era vista richiedere un’ingente somma di denaro per i servizi di cui al numero 166. Il Giudice non solo ha dato pienamente ragione alla parte attrice ma ha motivato, a nostro avviso esaurientemente, i passaggi logici e giuridici per cui Telecom non ha diritto all’ottenimento delle somme derivanti dagli accadimenti involontari, spesso illegali, che vedono l’utente di internet vittima di istallazioni automatiche, dialer e quant’altro”.
Per l’istruttoria, il Tribunale di Genova si è avvalso della collaborazione di un consulente tecnico d’ufficio (CTU), allo scopo di far luce sui “risvolti materiali ed economici” del dialer. Dall’attività svolta dal consulente, prosegue Aduc, è emerso che il gestore Telecom Italia trattiene una quota pari al 30% delle tariffe praticate in corrispondenza dei vari numeri a pagamento. L’indagine ha inoltre evidenziato, ma questa non è purtroppo una novità , l’uso largamente illecito che molte aziende fanno dei dialer, strumenti di per sé non illeciti, che vengono però diffusamente impiegati per scopi non leciti.
“Il contratto di utenza telefonica – evidenzia nel comunicato Claudia Moretti, legale ADUC – è da inquadrarsi nella figura giuridica della fornitura – appalto (art. 1677 codice civile) e, come tale, il gestore si assume, con organizzazione dei mezzi e con gestione a proprio rischio, la garanzia per la buona effettuazione del servizio”. Pertanto nella fattispecie, per usare le parole della sentenza, gli obblighi di Telecom Italia “non si risolvono esclusivamente nella forniture tecnica del servizio telefonico e delle apparecchiature connesse, ma anche nel garantire per quanto possibile in base allo stato della tecnica impiegata l’inviolabilità e l’inaccessibilità alla linea da parte di terzi”.
La compagnia telefonica, secondo il giudice, “poteva essere (e non poteva non essere) al corrente del rischio rappresentato dai dialer” e che pertanto doveva proteggere l’utente medio dalla loro aggressione. Aggiunge, inoltre, “che si tratta di servizi a valore aggiunto dai quali lo stesso gestore trae un non indifferente profitto.”
“Ancora oggi – conclude l’avvocato Moretti – se pur con cifre minori per gli accorgimenti imposti dall’ Autorità Garante delle Comunicazioni , molti consumatori si vedono recapitare bollette Telecom maggiorate da nuovi servizi mai richiesti, dovuti a chiamate mai effettuate. Ricordiamo che il problema è una anomalia tutta italiana e che in altri Paesi europei o negli Stati Uniti, non ci risultano segnalazioni di massa di questo tipo. Perché?”
D.B.