New York (USA) – I rischi tossicologici legati all’invasione delle nanotecnologie? Molti, moltissimi. Lo sostengono i numerosi esperti intervistati dal Technology Review , il prestigioso periodico pubblicato dal MIT : secondo l’ approfondimento firmato dal giornalista Philip Ross, “le nanoparticelle sono sempre più diffuse” ed ormai hanno preso piede in quasi tutti i settori della produzione industriale.
Dalle attrezzature sportive fino all’hardware informatico, sono almeno 200 i prodotti in commercio che usano i nanocosi . Tutti i prodotti che impiegano nanoparticelle, sostengono gli scienziati ingaggiati dal governo statunitense per studiare il fenomeno, sono potenzialmente dannosi per la salute.
L’opinione sempre più diffusa nella comunità scientifica americana è che la natura delle nanoparticelle, dal diametro inferiore ai 100 nanometri, permette ai nanocosi di addentrarsi nelle mucose e provocare reazioni negative: dalla semplice allergia fino allo sviluppo di tumori. I danni provocati dai nanocosi non interessano soltanto l’uomo, ma possono avere ricadute pesanti a livello ecologico. Günter Oberdörster, tossicologo presso l’ Università di Rochester , ha scoperto che le nanoparticelle di carbonio di un diametro compreso tra i 30 ed i 35 nanometri, riescono a penetrare dentro le mucose nasali dei roditori usati come cavie da laboratorio.
Insieme a sua figlia, Oberdörster ha dimostrato che le nanoparticelle di carbonio aumentano del 1700% il processo ossidativo dei tessuti. Nel 2004, Günter ed Eva Oberdörster hanno immerso alcuni pesci d’acqua dolce in acqua “arricchita” di nanosfere al carbonio, solitamente utilizzate per la costruzione dei monitor di ultima generazione , presto integrate nella produzione industriale di microcomponenti elettronici. Il risultato è stato sbalorditivo: i pesci immersi nelle vasche con acqua “trattata”, dopo appena due giorni, avevano subìto danni ossidativi in tutti i tessuti lipidici dell’apparato cerebrale.
L’appello del ricercatore si aggiunge al numero sempre maggiore di allarmi lanciati da esperti di fama internazionale. Malgrado i passi avanti nella ricerca nanotecnologica, lo studio degli effetti sull’organismo e sull’ambiente è ancora indietro rispetto alla diffusione dei nanocomponenti.
Alcune industrie chimiche, come DuPont , hanno finanziato alcune ricerche scientifiche su questo delicatissimo argomento. Peter Hoet, tossicologo presso l’ Università Cattolica di Leuven in Belgio, solleva dubbi sulla bontà di questi studi: “Se fossi un’azienda che produce nanocomponenti, sarei sicuramente terrorizzato dallo scoprire effetti collaterali altamente pericolosi: c’è il rischio che l’intera industria nanotecnologica salti in aria”.