È comparso nei negozi a L’Avana: caratteristiche hardware limitate, assemblato in Cina, un prezzo spropositato. È il primo computer in vendita a Cuba, dopo la legalizzazione voluta da Raul Castro nei mesi scorsi.
Sugli scaffali dei negozi cubani si sono finora affollati telefonini e dispositivi USB , lettori DVD e forni a microonde: sono in molti coloro che hanno deciso di partecipare alla rivoluzione digitale a cui lo stato ha concesso il via libera, sono in molti a compiere sacrifici per potersi accaparrare un telefonino e un contratto con la compagnia telefonica di stato.
Ma i computer sono sbarcati solo ora sull’isola: si sono formati capannelli di cittadini fuori dai pochi negozi della capitale che hanno iniziato a fare mostra delle macchine. In precedenza, per procurarsi un PC era necessario importarlo sfidando i controlli alla frontiera, recuperare componenti rivolgendosi al mercato nero.
Da ora i cittadini non sono più costretti ad alimentare il sommerso : nei negozi fanno mostra di sé i QTECH PC, assemblati in Cina, uno schermo CRT, 80 giga di hard disk, 512 mega di RAM, processore Celeron animato da Windows XP a sfidare l’embargo. Sono venduti a 505 euro : un costo spropositato rispetto all’offerta, un prezzo accessibile ad un’ esigua minoranza di entusiasti cittadini cubani. “Non è esattamente quanto di meglio si possa trovare sul mercato, ma tutto sommato non è male – ha spiegato ad AFP uno studente in fila fuori da uno dei pochi negozi della città ad esporre le macchine – ma comunque, a quel prezzo, mi ci vorranno anni per comprarlo”.
Nelle prime tre ore dalla comparsa in uno dei principali negozi di Cuba ne sono stati venduti sei e i negozianti sono fiduciosi: “È il primo giorno di vendite, i cubani ancora non ne sanno nulla ma mi aspetto che la domanda cresca con il trascorrere dei giorni e con l’arrivo di nuovi modelli”. Lo stipendio medio sull’isola non supera i 15 euro al mese.
Fra i pochi che potranno acquistare i computer, c’è chi li userà per giocare o per studiare, chi per gestire la propria attività lavorativa. Ma sono in molti anche coloro che si mettono in fila, che sbirciano al di là delle vetrine per assistere ai primi spiragli del ritorno alla normalità, dopo il blocco alla tecnologia imposto da Fidel Castro, nel 2002. Un ritorno alla normalità parziale , che procede a sprazzi: la connettività Internet personale resta un privilegio per pochi , dipendenti statali o persone di fiducia del regime. Gli altri cittadini, con la giustificazione dell’ embargo imposto dagli States sull’accesso alle infrastrutture di rete e in attesa della grandi opere promesse dal presidente venezuelano Chavez, devono accontentarsi di Internet café sottoposti a controlli serrati, di caselle di posta elettronica ufficiali o condivise con concittadini che hanno il privilegio dell’accesso.
Sono in molti a diffidare del fatto che si levino nuove voci dalla società civile cubana, una cui sparuta minoranza sta iniziando ad appropriarsi degli strumenti per informarsi ed esprimersi in una dimensione globale. I provvedimenti presi dal governo per limitare l’accesso ai più controversi e apprezzati blog locali dimostrano che l’apertura sarà estremamente cauta.
Gaia Bottà
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