Con oltre 100 milioni di dispositivi Echo già commercializzati (inclusa la versione Input definite nuda poiché sprovvista di speaker o display) e un’integrazione sempre più profonda con l’ecosistema mobile nonché con la piattaforma Windows, Alexa si appresta ad affrontare il prossimo step del suo percorso evolutivo. Ne ha parlato Rohit Prasad, Vice President e Head Scientist della divisione al lavoro sull’assistente virtuale di Amazon, intervenuto sul palco della conferenza EmTech Digital organizzata dal MIT.
Alexa ha bisogno di un corpo
L’IA ha bisogno di un corpo, di un’estensione fisica tale da consentirle di comprendere il mondo che la circonda, facendone esperienza. Alexa è già in grado di simulare le dinamiche che regolano due sensi dell’essere umano: l’udito mediante l’impiego dei microfoni e la vista con le videocamere integrate negli smart display. Non può però ancora interagire in modo attivo con l’ambiente e con ciò che vi si trova.
Questo ulteriore passo in avanti permetterebbe agli algoritmi di raccogliere maggiori informazioni relative al contesto in cui operano utili, ad esempio, per meglio decifrare le richieste che vengono effettuate dagli utenti tramite comandi vocali. Se si chiede “qual è la temperatura?” si desidera conoscere quella della stanza rilevata da un termostato oppure quella esterna?
Solo attraverso un contatto diretto con il mondo reale, quello tangibile, un sistema di intelligenza artificiale può ambire a colmare le lacune che ancora differenziano l’efficacia di un software, per quanto complesso sia, dalle capacità cognitive di un essere umano e lasciarsi così definitivamente alle spalle il gap prestazionale, in termini di ragionamento, già descritto oltre mezzo secolo fa nella definizione del test di Turing. Questo il parere di Prasad, condiviso da una parte della comunità scientifica e informatica al lavoro su soluzioni simili o alternative ad Alexa.
Il solo modo per creare assistenti intelligenti ancora più intelligenti è fornire loro degli occhi e lasciare che esplorino il mondo.
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Parlando di corpo, ovviamente, non si fa necessariamente riferimento a una struttura antropomorfa, anche se la creazione di automi o unità con fattezze simili alle nostre potrebbe contribuire almeno in parte ad abbattere il muro di diffidenza e timore che ancora tiene molti lontani dall’universo IA. C’è chi guarda a questa prospettiva come a un’opportunità, chi invece la etichetta come un pericolo da scongiurare. Anche quella legata alle forme di intelligenza artificiale, così come le altre, è di per sé una tecnologia e dunque neutra per definizione. Il suo impiego le attribuisce valenza positiva o negativa.
Amazon ha messo da qualche tempo in cantiere la progettazione di un robot domestico, come confermato lo scorso anno da Gregg Zehr, numero uno del team Lab126 interno al gruppo. Che sia basato o meno su Alexa non è cosa nota, ma considerando la volontà espressa in questi giorni da Prasad l’ipotesi non è da escludere.