Il 16 giugno del 1911 segna la data della storica fondazione di IBM: il colosso tecnologico che allora si chiamava CTR (Computing Tabulating Recording Corporation, nome poi cambiato in IBM nel 1924) nasceva dalla fusione di tre società indipendenti – Computing Scale Comp, Tabulatine Machine Comp, International Time Recording Comp – e si preparava a una lunghissima cavalcata nello sviluppo e nella commercializzazione delle tecnologie che hanno segnato un secolo.
Big Blue compie 100 anni e guarda al suo passato con orgoglio: la potente multinazionale statunitense – attualmente la terza più grande dopo Apple e Microsoft – ha cominciato con 1.300 dipendenti e poco più di 950mila dollari di introiti, arrivando a oggi a impiegare 425mila persone in tutto il pianeta e a totalizzare ricavi annui per la straordinaria cifra di 100 miliardi di dollari.
L’avventura di IBM è cominciata con la produzione di macchine industriali: affettatrici di formaggio e carne ma ovviamente anche le iconiche macchine tabulatrici (con le relative schede perforate ) che hanno fatto da apripista alla registrazione e al trattamento sistematico dei dati alla base dei calcolatori elettronici, dei mainframe e di tutto quello che è venuto dopo.
A IBM e al suo management storico viene attribuito il merito di aver inventato una serie di tecnologie che hanno cambiato radicalmente la vita di tutti i giorni, la società e le sue convenzioni nei quattro angoli del globo: il software per computer, la macchina da scrivere elettrica, il mainframe, la fotocopiatrice, il word processor, il linguaggio di programmazione FORTRAN, il riconoscimento vocale, i database relazionali, il microscopio a effetto tunnel, il floppy disk, i nanotubi, eccetera eccetera eccetera. Qualche macchia in questa storia altrimenti immacolata non manca, come il supporto tecnico fornito indirettamente al regime nazista, ma si tratta pur sempre di peccati veniali inevitabili per un’azienda che provi a fare affari ovunque e sempre.
Alla base dello straordinario successo dei primi 100 anni di Big Blue c’è la capacità di innovare, investire in ricerca e adattarsi alle mutate condizioni di mercato , dice il management che ha il compito di guidare la corporazione nel presente: “Per evitare i disastri che capitano alle società che letteralmente svaniscono dalla sera alla mattina”, dice il vicepresidente per l’innovazione di IBM Bernie Meyerson, “devi tenere gli occhi bene aperti, e guardare costantemente in giro”. E possibile per società tecnologiche “giovani” come Google (12 anni), Microsoft (36) o Apple (35) sopravvivere e prosperare per lo stesso lasso temporale di Big Blue. È possibile, suggerisce Meyerson, a patto di “reinventarsi quasi giorno per giorno”.
IBM prospera perché è da tempo abituata a immaginarsi il futuro , a investire sulle nuove tecnologie potenzialmente rivoluzionarie e a guardare con approccio propositivo alle necessità di sintesi di un mondo che affoga in un mare di informazioni digitali prive di sistematicità o standard di accesso a misura di essere umano.
Alfonso Maruccia