Armonk (USA) – IBM è stata fra le prime, diversi anni or sono, a mettere a frutto il concetto di utility computing , ossia la possibilità di utilizzare le risorse di calcolo di server e mainframe in modo simile a come si utilizza l’acqua, l’elettricità o Internet. Un concetto che Big Blue intende ora evolvere nel cloud computing , che fornisce la possibilità di eseguire attività di calcolo attraverso una rete di risorse distribuite, accessibili a livello globale e gestibili in modo centralizzato.
IBM si è detta pronta a mostrare le potenzialità di questo nuovo paradigma con il progetto Blue Cloud , per il quale intende avvalersi di standard aperti e software open source. Con questa iniziativa il colosso afferma di voler mettere a disposizione di aziende, università ed enti governativi le tecnologie e gli strumenti necessari per implementare, “in modo semplice e veloce”, sistemi di cloud computing, esplorando eventualmente “la portata estrema delle infrastrutture” basate sul nuovo modello di calcolo distribuito.
“Blue Cloud aiuterà i clienti a creare rapidamente un ambiente cloud per testare e realizzare prototipi di applicazioni Web 2.0 all’interno del loro ambiente aziendale”, ha dichiarato Rod Adkins, senior vice president, Development and Manufacturing di IBM Systems & Technology Group. “Col passare del tempo, questo approccio potrebbe aiutare i manager IT a ridurre in modo drastico i costi e le complessità di gestione delle infrastrutture scale-out, la cui domanda è soggetta a fluttuazioni”.
Blue Cloud, basato sull’infrastruttura cloud dell’IBM Almaden Research Center, userà sistemi operativi Linux virtualizzati con Xen e Power VM , in combinazione con lo schedulatore per carichi paralleli Hadoop e il framework di system management Tivoli: quest’ultimo comprende software in grado di distribuire istantaneamente le risorse su server multipli.
Le prime offerte IBM basate su Blue Cloud dovrebbero essere introdotte sul mercato nella primavera del 2008 con supporto ai sistemi Power e x86.
In un evento tenutosi a Shanghai, IBM ha dimostrato come le tecnologie di cloud computing, operanti su server BladeCenter, siano in grado di distribuire in modo dinamico le risorse a seconda delle continue variazioni dei carichi di lavoro generati da una data applicazione. IBM conta di poter rendere disponibile presto un ambiente di cloud computing sui mainframe System z sfruttando le loro capacità di virtualizzazione. I piani prevedono anche ambienti cloud basati su cluster rack ad alta densità.
Il Cloud computing rappresenta un nuovo approccio alle infrastrutture in cui grandi insiemi di sistemi sono collegati tra loro per fornire servizi IT. L’esigenza di tali ambienti è sempre più sentita per la crescita esponenziale delle apparecchiature connesse in rete e dei processi di streaming di dati in tempo reale, e anche per la diffusione di architetture e applicazioni Web 2.0 orientate al servizio per progetti di collaborazione e ricerca, social networking. I progressi nelle prestazioni dei componenti digitali hanno provocato un enorme aumento della portata degli ambienti IT, e di conseguenza è nata l’esigenza di poterli gestire uniformemente in un’unica “nuvola” (cloud).
Il 13 novembre, IBM e il Ministero della Scienza e della Tecnologia (MoST) del Vietnam hanno annunciato un progetto pilota di innovazione in ambito open che si basa su un’infrastruttura di cloud computing.
“Il Vietnam Information for Science and Technology Advance Innovation Portal (VIP), realizzato con IBM, aiuterà a fornire ai residenti e alle comunità vietnamite una fonte di contenuti ricca e dinamica che intende promuovere l’innovazione tra i cittadini, le comunità e le organizzazioni governative”, ha detto il dott. Tran, Quoc Thang, vice ministro del MoST.