Di questo passo, l’impatto ambientale dei datacenter si trasformerà da problema a soluzione . Secondo i ricercatori della sede di Zurigo di IBM, il calore prodotto dalle farm dei cervelloni al lavoro potrebbe essere impiegato per assicurare il comfort delle abitazioni private, risparmiando sui costi del riscaldamento e garantendo un beneficio ecologico diminuendo la produzione di gas serra.
Per quelli di Big Blue, il mezzo migliore per abbattere la temperatura di una CPU è l’acqua : il raffreddamento a liquido non è una novità nel settore dei grandi server, esiste da oltre 20 anni, ed è diffuso anche in una ristretta cerchia di appassionati che lo impiega sui PC domestici. L’acqua è in grado di asportare il calore centinaia di volte meglio dell’aria, e dunque uno scambiatore a liquido sarà decisamente più efficiente dei classici dissipatori ad aria con alette d’alluminio e ventolina.
Grazie ad un prototipo presentato in questi giorni al CeBIT, i ricercatori IBM avrebbero migliorato lo scambiatore di calore inserito nei server di grosse dimensioni: attraverso la realizzazione di microcanali nel materiale inserito a contatto con la CPU, oltre il 75 per cento dell’energia dissipata dal chip può essere recuperata ed inviata verso la zona radiante, posta altrove.
Tutto il calore estratto dovrà tuttavia essere smaltito: e se oggi nei data center (e nelle stanze degli smanettoni) si vedono veri e propri radiatori – simili a quelli delle automobili – che non fanno altro che disperdere questa energia nell’ambiente, in futuro si potrebbe pensare di convogliare il tutto in una rete di distribuzione capace di veicolare il caldo dove ce n’è bisogno . Una strada già esplorata in alcune città, che utilizzano l’energia prodotta dalla combustione dei rifiuti per offrire un servizio di riscaldamento a domicilio.
Un data center di medie dimensioni, che consuma un megawatt di elettricità, secondo le stime di IBM potrebbe in teoria tenere al caldo non meno di 70 famiglie . Moltiplicando questo valore per tutti i data center presenti sul pianeta, 427 solo negli USA , sarebbero in molti coloro i quali potrebbero usufruire del servizio.
Nel complesso, ogni anno i centri di calcolo sparsi in ogni angolo del globo consumano non meno di 120 miliardi di kilowattora per tenere in funzione i macchinari, rendendosi responsabili di circa il 2 per cento della produzione mondiale di anidride carbonica. Lo stesso “contributo” al riscaldamento globale garantito dall’aviazione civile.
Luca Annunziata