L’accelerazione imposta alle aziende in termini di digital transformation (passata in breve tempo dall’essere virtuosa prospettiva al diventare necessità emergenziale) non è soltanto una questione tecnologica o logistica. L’uomo è infatti al centro del sistema lavoro e tutto deve passare attraverso le sue competenze, le sue intuizioni, le sue motivazioni ed il suo benessere. La ricerca “COVID-19 and the Future of Business” dell’IBM Institute for Business Value ha fatto emergere proprio questo aspetto, nonché la discrepanza tra la percezione di cambiamento da parte del management e quella della forza lavoro.
Digital transformation: la centralità dell’elemento umano
I rischi di burnout (effetto collaterale dello stress e dell’affaticamento emotivo portato da circostanze particolari, come in questo caso la pandemia in corso) si protrarranno ancora per molti mesi e l’azienda che riuscirà a mettere il benessere della forza lavoro al centro dei propri impegni potrà giovarsi di risorse più efficienti e motivate. Ma cosa stanno facendo le aziende per accompagnare questa difficile fase di passaggio? In Italia “il 71% degli intervistati ritiene di aver aiutato i propri dipendenti ad apprendere le competenze necessarie per lavorare in modo nuovo mentre l’82% afferma di contribuire alla salute psico-fisica della forza lavoro“. Ma tutto ciò corrisponde a realtà? A livello globale, in realtà, la percezione dei lavoratori è ben differente, con una percentuale molto inferiore nelle risposte (rispettivamente 38% e 46%).
La pandemia ha contributo ad abbattere molte delle barriere esistenti nel processo di digital transformation, inoltre i dirigenti sempre più spesso si affidano alla tecnologia per indirizzare le attività più strategiche. Ma guardando al futuro, i top manager dovranno raddoppiare l’attenzione verso le persone, i flussi di lavoro e l’infrastruttura tecnologica: non possiamo sottovalutare il potere di una leadership empatica nel guidare i dipendenti contribuendo, in un contesto di continua disruption, a promuovere fiducia, efficacia e benessere.
Mark Foster, Senior Vice President di IBM Services
Una certezza è acclarata: la trasformazione digitale può dare grandi benefici in termini di performance, resilienza ed evoluzione della cultura aziendale, ma il rischio è che i costi di questo cambiamento (perché ogni cambiamento, inevitabilmente, ha dei costi) siano scaricati tutti sull’elemento umano. L’attrito che viene a consumarsi accumula scorie che l’azienda rischia di pagare pesantemente, perdendo giorno dopo giorno qualità nei processi produttivi. Capire in anticipo questa dinamica e riuscire a stimolare le abilità comportamentali e l’aggiornamento delle competenze dei singoli può fare dunque la differenza.
Nella giornata di ieri IBM ha annunciato il proprio split per la creazione di una nuova società che possa concentrarsi su cloud e IA: tutto ciò avviene anche sulla scia di considerazioni che ripongono nell’IA grande fiducia per quel che potrebbe fare nel guidare il cambiamento, risolvendo temporanee frizioni e calmierando le conseguenze di una repentina evoluzione delle dinamiche di lavoro. L’automazione, che ad ogni livello è destinata ad entrare nell’azienda, non va vista come una minaccia ma come una opportunità all’interno di una ineludibile rivoluzione.
Ma in questa invasione di tecnologie, l’uomo resta fondamentale e pretende attenzioni: ai top manager è richiesto questo tipo di sensibilità, pena l’inefficacia dell’applicazione dell’IA nei processi produttivi. La complementarità tra risorse umane e risorse tecnologiche andrà accompagnata, oltre che con competenza, anche con una certa sensibilità: una sfida niente male per i mesi che verranno.