IBM e Google, pioggia di dobloni sulle Università

IBM e Google, pioggia di dobloni sulle Università

30 milioni di dollari da destinare alla formazione e allo sviluppo di soluzioni di cloud-computing: le università USA e la comunità open source ringraziano. I dettagli
30 milioni di dollari da destinare alla formazione e allo sviluppo di soluzioni di cloud-computing: le università USA e la comunità open source ringraziano. I dettagli

IBM e Google hanno deciso di finanziare la ricerca e la formazione universitaria per migliorare l’efficienza del cosiddetto ” cloud computing ” e aumentare la conoscenza del cosiddetto highly parallel computing da parte degli studenti di scienze informatiche, per affrontare le problematiche dell’informatica distribuita su larga scala.

Si tratta di una bella iniezione di capitali – stimata in circa 30 milioni di dollari per due anni – che dovrebbe consentire alle più prestigiose istituzioni accademiche statunitensi di disporre degli strumenti necessari per lo sviluppo di nuove soluzioni per data center.

“I laboratori accademici e governativi non sono così aggiornati”, ha ammesso Randal E. Bryant, decano del Dipartimento Informatico della Carnegie Mellon University,. “Le università hanno proprio bisogno di salire a bordo di questo progetto”. “È un grande contributo perché consente un tipo di ricerca e formazione che non possiamo ancora permetterci oggi”, ha aggiunto Edward Lazowska, docente di Informatica della University of Washington.

Il cloud-computing, di fatto, rappresenta la nuova frontiera del processing remoto realizzato in parallelo tramite data center di grandi dimensioni. In pratica, “nuvole” di server interconnesse massimizzano la potenza di elaborazione. Sia Google che altri colossi IT fanno ampio uso di questa tecnica per fornire servizi online avanzati – molto spesso basati su tecnologia Ajax.

“Tutte queste sono applicazioni che non possono essere utilizzate sfruttando un solo server”, ha spiegato al Seattle Post Intelligencer Christophe Bisciglia, ingegnere senior di Google. “Bisogna fare leva sulla potenza computazionale di numerosissime macchine”.

La questione di fondo è che un unico ambiente “cloud” non solo è in grado di supportare più software e grandi quantità di utenti in contemporanea, ma consente anche la condivisione delle risorse. Come riporta il Wall Street Journal , IBM e Google metteranno a disposizione ben 400 computer in remoto. Un piccolo programma pilota che vedrà nella sua fase finale un numero di macchine prossimo alle 4mila unità per sei atenei. Il coordinamento inizialmente sarà in mano alla University of Washington, ma poi troveranno completa indipendenza anche Carnegie Mellon University, Massachusetts Institute of Technology, Stanford University, University of California (Berkeley) e University of Maryland.

Samuel Palmisano, CEO di IBM, ha confermato che l’idea di questo progetto è il frutto dell’ultimo incontro con Eric Schmidt, CEO di Google. La medesima “vision” sul futuro del cloud computing – che di fatto è alla base dei servizi di ricerca di Google e di molte realtà web 2.0 – ha convinto i due dirigenti all’impegno sinergico. Da una parte IBM vanta grande esperienza nella gestione di data center e nella sicurezza; dall’altra Google è specializzata nel web computing e nella gestione dei cluster di grandi dimensioni.

Il primo pensiero, quindi, è stato quello di rivolgersi alle università per alimentare l’interesse nei confronti della programmazione dei server “in parallelo”. Frank Gens, analista di IDC, ha intravisto in questa iniziativa anche un tentativo per “influire sul futuro del settore prima che lo faccia Microsoft”. IBM e Google, infatti, sostengono da tempo l’utilizzo di soluzioni open source per le infrastrutture IT.

“Stiamo dando vita a questo progetto pensando alle sole tecnologie open”, ha aggiunto Bisciglia. “Ogni cosa che gli studenti impareranno sarà applicabile a prescindere dalla loro destinazione professionale. Nessuna formazione sui software proprietari. Non si tratta di qualcosa di proprietà IBM o Google. Sarà tutto applicabile in ogni azienda IT”.

Palmisano, concludendo la sua presentazione ufficiale alla stampa, ha caratterizzato simpaticamente il progetto definendolo come il frutto della sinergia fra gli sbarbatelli di Google e i vecchi panzoni di IBM .

Dario d’Elia

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Pubblicato il
9 ott 2007
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