Ventimila particelle d’oro, ciascuna del diametro di sessanta nanometri, cento volte più piccole di un globulo rosso, oltre la millesima parte del diametro di un capello. IBM le ha assemblate con una particolare tecnica di “nanostampa” per produrre una minuscola opera d’arte. Si tratta di un’immagine del sole, che per gli alchimisti nel XVII secolo simboleggiava l’oro, una riproduzione di un’opera del medico, astronomo e mistico del 17esimo secolo Robert Fludd (vedi a fondo pagina).
Per far meglio comprendere la precisione con la quale l’immagine è stata “assemblata”, IBM ne traduce la risoluzione in DPI ( dots per inch ): se una macchina per la stampa offset opera con una risoluzione di 1500 punti per pollice, il metodo di nanostampa studiato da IBM raggiunge i centomila DPI . “Per la prima volta – dichiara l’azienda in una nota – i ricercatori hanno stampato particelle addirittura di 60 nanometri – circa 100 volte più piccole di un globulo rosso umano – con risoluzione di una singola particella, per creare nanomodelli, che vanno da linee semplici a disposizioni complesse”.
Ma per quale motivo sviluppare una tecnica di stampa su una scala tanto ridotta? La stampa, si spiega in un articolo pubblicato su Nature Nanotechnology , è la tecnologia più utilizzata per depositare delle particelle di piccole dimensioni su diverse superfici. Una tecnica simile, su scala molto più ridotta, potrebbe trovare applicazione nell’ambito dell’elettronica, dell’ottica, della biotecnologia, utilizzata per produrre strutture le cui dimensioni, nell’ordine dei nanometri , conferiscono ad esse proprietà peculiari.
La stampa ordinaria prevede che un’immagine sia incisa su una lastra metallica, riempita d’inchiostro e trasferita su rulli che a loro volta imprimono l’immagine sulla superficie da stampare, un’operazione che raggiunge una precisione di diecimila nanometri, nulla in confronto al metodo IBM. La differenza tra la nanostampa IBM e la stampa tradizionale risiede nel fatto che singole nanoparticelle si trasferiscono dal “rullo” alla superficie da stampare senza alcuna dispersione, mantenendo la loro disposizione : le nanoparticelle, grazie alla tecnica dell'”assemblaggio diretto”, che sfrutta le proprietà dei nanomateriali, vengono trasferite dalla matrice alla superficie da stampare senza che la loro struttura subisca modifiche.
“Questa tecnica – prospetta Heiko Wolf, ricercatore presso il laboratorio IBM di Zurigo – aprirà la strada a nuovi metodi per posizionare in maniera efficiente e precisa diversi tipi di nanoparticelle su differenti superfici, un requisito fondamentale per sfruttare le proprietà uniche di tali nanoparticelle e per renderne l’utilizzo economicamente fattibile”.
L’azienda spiega che il metodo di “stampa” sviluppato potrà operare con particelle di dimensioni fino a due nanometri , creando strutture complesse nelle quali ogni singola nanoparticella possa mantenere le sue proprietà . Questa tecnica di assemblaggio potrà giocare un ruolo fondamentale nella produzione dei chip del futuro, per produrre cavi nell’ordine di grandezza del milionesimo di millimetro, nonché per lo sviluppo di biosensori capaci di rivelare la presenza di tossine o agenti patogeni.
“Le nanoparticelle – conclude IBM – possono inoltre interagire con la luce. Con il nuovo metodo, si potrebbero stampare materiali ottici con nuove proprietà, ad esempio per l’uso nei dispositivi optoelettronici. Potrebbero essere creati i cosiddetti “metamateriali”, nei quali le strutture stampate sono piccole quanto la lunghezza d’onda della luce e quindi agiscono come se fossero un’unica lente con proprietà straordinarie”.
Gaia Bottà