IBM ha chiuso il secondo trimestre dell’anno fiscale con un nuovo declino nelle vendite, il tredicesimo segno meno progressivo di un’azienda che continua a vendere hardware nonostante si sia oramai liberata di buona parte del business per focalizzarsi sui servizi telematici ospitati tra le nuvole del cloud.
Nel complesso, per Big Blue le vendite degli ultimi tre mesi ammontano a 20,8 miliardi di dollari – in calo del 13 per cento rispetto ai 24 miliardi di dollari incamerati durante lo stesso periodo dell’anno scorso. La causa principale del declino resta ascritta alla vendita dei server x86 a Lenovo, operazione senza la quale IBM avrebbe registrato una diminuzione nei ricavi di appena l’un per cento.
I profitti del secondo trimestre ammontano invece a 3,45 miliardi di dollari, -16,6 per cento rispetto al 2014. Per quanto invece riguarda le performance dei singoli comparti, la corporation americana ha fatto segnare 8,1 miliardi di dollari di ricavi nella divisione Global Technology Services con -10 per cento anno su anno e +1 per cento se si esclude la vendita dei succitati server x86.
Ovviamente in forte declino anche i ricavi per la vendita dell’hardware, con 2,06 miliardi di ricavi e un -32 per cento rispetto al 2014: senza la vendita a Lenovo il business sarebbe altresì risultato in attivo (+5 per cento), anche grazie alla richiesta importante (+9 per cento) di unità Mainframe z13 commercializzate a inizio anno .
IBM si dice in ogni caso soddisfatta degli incrementi (+20 per cento) in quelle aree che la corporation considera strategiche come cloud, servizi analitici e di “engagement” dei clienti, mentre non risparmia lamentele – come altri grandi colossi tecnologici americani hanno d’altronde già fatto – per gli effetti negativi sugli affari di un dollaro più forte che in passato.
Con la comunicazione degli ultimi risultati trimestrali di IBM arriva infine una notizia riguardante infine la forza lavoro, con la corporation USA impegnata in un’operazione di “ribilanciamento” dal costo di 200 milioni di dollari e che include licenziamenti, riassegnazioni e nuove assunzioni per le aree in crescita.
Alfonso Maruccia