È uno scenario di mercato complesso quello in cui si inserisce l’annuncio dei nuovi server eX5 bastati sulla piattaforma x86, che secondo IBM liberano memoria per fronteggiare i grossi carichi di lavoro e ridurre i costi dell’infrastruttura IT esistente. Basti pensare che la quantità di dati trattati dal carico di lavoro basato sul web attualmente (marketing online, servizio clienti e così via) raddoppia ogni anno, aumentando i costi e mettendo quindi sotto pressione le risorse.
Un annuncio giunto quasi in contemporanea con la pubblicazione del Worldwide Quarterly Server Tracker , con cui IDC ha fatto il punto sul mercato dei server. Gli analisti hanno in messo in luce le difficoltà del mercato nel suo complesso (-19 per cento per il fatturato nell’ultimo anno), ma anche i movimenti in atto sul fronte degli operatori e dei differenti segmenti dell’offerta. Sul primo versante, IBM continua a occupare la posizione di comando con il 32,9 per cento (il fatturato di Big Blue ha limitato il calo anno su anno al 6,5 per cento), mentre sul secondo viene segnalato un calo dei mainframe e una crescita dei sistemi x86. Limitando l’analisi a questo segmento, la leadership spetta ad HP (39,3 per cento del fatturato mondiale), mentre IBM si ferma al 19,6 (+3,6 punti in un anno).
Ed è proprio pensando a queste cifre che nel corso degli ultimi tre anni IBM ha ideato le nuove soluzioni: che disaccoppiano la CPU dalla memoria e dai canali di I/O, eliminando di fatto la necessità di acquistare un altro server per espandere le risorse di memoria. Il risultato è un incremento pari a sei volte la scalabilità attualmente disponibile, permettendo di ospitare l’82 per cento di server virtuali in più a parità di licenze software. “Per parecchio tempo il collo di bottiglia nel settore x86 è stato rappresentato dal processore – ha spiegato Massimo Chiriatti, system technical sales manager dell’azienda statunitense – fino a quando Intel e Amd hanno introdotto l’architettura multicore. A quel punto il principale fattore critico è diventata la memoria”.
Chiaro l’obiettivo di questa scelta: in un settore tradizionalmente dominato da linee di prodotto relativamente standard, Big Blue punta sulla caratterizzazione dell’offerta, fornendo un’alternativa agli utenti che fin qui avevano dovuto affrontare i carichi di lavoro crescenti con l’unico metodo disponibile: dedicare più server per risolvere il problema, favorendo così lo sviluppo fisico e producendo, a cascata, l’aumento dei costi di alimentazione. Né è bastato il tentativo di virtualizzare l’infrastruttura x86 fisica, sovraccaricando la capacità di memoria.
Nell’anno in corso IBM presenterà nuovi sistemi eX5: quello a quattro processori IBM System x3850 X5, il server blade HX5 e il System x3690 X5, e un server di prezzo “entry level (ma con funzionamento definito “di classe enterprise”), che viene annunciato da Big Blue come il server a due processori più potente sul mercato. A questi è possibile affiancare una serie di ulteriori funzionalità, come eXflash per lo storage SSD (che promette di ridurre i costi dello storage tradizionale fino al 97 per cento sostituendo centinaia di dischi e migliaia di conduttori e cavi) e FlexNode per variare la capacità di calcolo in modo dinamico accoppiando o disaccoppiando macchine fisiche distinte.
Infine, la suite di gestione Systems Director è stata potenziata per tenere il passo con la tecnologia eX5 e consentirà agli utenti di preconfigurare i server, riconvertire i sistemi in remoto e impostare aggiornamenti e recuperi automatici.
Luigi Dell’Olio