Il boom dell’intelligenza artificiale ha alimentato i già presenti timori per la sostituzione dei lavoratori umani con le tecnologie di ultima generazione. Certe aziende hanno già avviato le pratiche per dare il via a questa mutazione potenzialmente radicale delle dinamiche interne e degli organigrammi. Tra di esse sembrava figurare anche IBM, la quale lo scorso maggio ha rimosso 7.800 annunci di lavoro per una serie di mansioni effettuabili dagli algoritmi.
Il CEO di IBM Arvind Krishna, però, in queste ore ha cercato di sedare i bollenti spiriti del pubblico e dei dipendenti confermando che l’azienda non intende perdere programmatori a causa dell’IA.
L’IA non può sostituire i programmatori: le parole del CEO di IBM
Come ripreso da Business Insider in seguito alla conferenza CEO Initiative di Fortune, alla quale Krishna ha partecipato, quest’ultimo ha affermato che nei suoi piani non rientra il licenziamento di “nemmeno un singolo programmatore”, ribadendo anzi con convinzione che aumenterà le assunzioni per software engineer e reparto vendite nei prossimi tre-quattro anni.
In definitiva, sin dall’adozione delle ultime soluzioni IA più avanzate, IBM ha aumentato il numero dei posti di lavoro di 8.000, senza contare gli unici 800 licenziamenti visti finora. L’idea, naturalmente, resta la stessa anticipata nella primavera: eliminare gradualmente i ruoli delle risorse umane e del back-office.
Krishna ha dunque affermato che l’obiettivo è automatizzare i lavori ripetitivi di “livello inferiore” sostituendo i dipendenti con l’IA in un periodo di cinque anni. Al contrario, programmatori e persone con ruoli più avanzati accederanno all’intelligenza artificiale all’interno di IBM per aumentare la produttività.
Un piano che potrebbe rendere il colosso statunitense un leading example o un caso particolare da seguire attentamente, come guida per realtà più piccole o anche altri giganti interessati all’utilizzo dell’IA. Come verrà attuato? Staremo a vedere.