Salt Lake City (USA) – È una vittoria che pesa come un macigno quella appena ottenuta da IBM nella causa che la vede contrapposta a SCO Group . Mercoledì il giudice Judge Brooke Wells ha infatti accolto quasi in toto l’istanza con cui Big Blue chiedeva il rigetto, da parte del tribunale, di 198 delle 294 contestazioni presentate da SCO a sostegno delle proprie accuse.
Sono perlopiù righe di codice che, secondo SCO, IBM avrebbe copiato dalle proprie implementazioni di Unix System V (AIX e Dynix) e riversato, in modo più o meno esplicito, nel kernel di Linux. Tali porzioni di codice rappresentano una sorta di “prova del reato”, e su di esse si regge l’intero castello accusatorio di SCO: il fatto che IBM sia riuscita a farne depennare 185, dunque oltre la metà, ridimensiona l’intera causa .
Le allegazioni di SCO ancora valide si sono ridotte a 107 , buona parte delle quali riguardanti metodi e concetti implementati nei sistemi operativi AIX e Dynix.
IBM aveva giustificato la propria richiesta osservando che buona parte del codice presentato da SCO mancava delle informazioni necessarie ad identificarne l’origine, quali numero di versione, numero di linea e nome del file da cui è stato tratto. In passato il colosso di Armonk aveva più volte chiesto a SCO di fornire tali dettagli, ma questa si è spesso appellata al diritto di preservare quanto più possibile la segretezza del proprio codice. Un diritto che il giudice Wells non le ha però riconosciuto.
“Se qualcuno, dopo essere uscito da Neiman Marcus (nota catena di negozi statunitense, NdR), viene fermato e accusato di furto, si aspetta certamente che gli si dica cosa avrebbe sottratto”, ha scritto Wells nella propria disposizione. “Sarebbe assurdo che un poliziotto dicesse all’accusato: – tu sai cos’hai rubato e quindi non te lo dico , oppure gli desse un catalogo di Neiman Marcus e gli dicesse: – è qui da qualche parte, cercatelo “.
Una copia integrale del documento di Wells può essere scaricata in formato PDF dal sito di Groklaw .