Suscita molta curiosità l’ennesimo duello che vede contrapposti intelletto umano e potenza di calcolo artificiale, e che avrà luogo in una futura puntata di Jeopardy , quiz molto seguito negli Stati Uniti da cui è stato tratto il format dell’ormai storico Rischiatutto . Ancora una volta a rendere possibile la sfida sarà un supercomputer ideato da IBM, lo stesso produttore cimentatosi nelle avvincenti sfide a scacchi tra il campione russo Kasparov e le varie incarnazioni dei suoi mostri di silicio.
Il duello segnerà il culmine di un progetto di ricerca iniziato nel 2007 con lo sviluppo di Watson, il software abbinato ad un Blue Gene che in caso di vittoria contro i concorrenti in carne ed ossa potrebbe accorciare le distanze tra uomo e macchina. Per il suo sviluppo i ricercatori di IBM hanno dovuto adottare un approccio radicalmente diverso rispetto ai suoi predecessori: mentre Deep Blue e soci, i supercomputer utilizzati nelle partite a scacchi, erano soliti analizzare mosse ben precise seguendo un determinato schema di regole, Watson dovrà trovare soluzioni a quesiti che prevedono una conoscenza nozionistica molto più ampia e variegata, nonché buone dosi di interpretazione e deduzione.
Per chi non avesse mai visto una qualsiasi puntata del quiz, o fosse troppo giovane per ricordare il meccanismo di Rischiatutto, il cosiddetto “gameplay” è inverso rispetto a quanto accade generalmente in tutti i quiz a premi: al concorrente viene fornita la risposta in base alla quale dovrà elaborare la domanda corretta, motivo per cui Watson dovrà dimostrare di saper collegare argomenti diversi in breve tempo. “Watson tenterà di comprendere la domanda ed il suo significato per poi fornire una risposta accurata” ha dichiarato David Ferrucci, ricercatore di IBM.
Dal punto di vista tecnico, il lavoro dell’equipe destinata allo sviluppo del progetto è focalizzato alla costruzione di uno dei primi computer in grado di interpretare e rispondere in maniera corretta ad un variegato numero di questioni soggette a diverse chiavi di lettura. Per far ciò IBM ha messo a lavoro un team composto da 20 esperti in settori diversi, come la sintetizzazione del linguaggio umano, l’apprendimento meccanico e la ricerca indicizzata delle informazioni.
Per lo show sono stati raggiunti alcuni compromessi necessari dal punto di vista pratico: le domande verranno sottoposte dallo staff del quiz sotto forma di testo, domande che saranno poi ripetute in studio dal conduttore, mentre le risposte saranno udibili da tutti grazie all’utilizzo di un sintetizzatore vocale. Inoltre, per garantire un aspetto più piacevole e accattivante, i ricercatori di IBM stanno pensando di introdurre anche un’interfaccia visiva a fare un po’ di scena: in tal senso dovrebbe essere scelto a breve un vero e proprio avatar che animerà le attività della macchina.
Com’è giusto che sia, Watson non potrà attingere al vastissimo sapere condiviso via web: così come i concorrenti umanoidi dovranno fare affidamento solo ed esclusivamente sul proprio intelletto, il supercomputer di IBM si affiderà solo ed esclusivamente alle informazioni caricate in precedenza nel suo database, sulle cui dimensioni non è dato sapere molto. Nonostante IBM non fornisca alcuna informazione a riguardo, secondo gli addetti ai lavori ai fini del gioco non conta il numero delle informazioni a disposizione, ma la capacità di elaborarle e correlarle in maniera corretta ed esaustiva. Sperando, come vuole l’ormai storica gaffe, di non cascare sull’uccello sul più bello.
Nonostante lo scetticismo che sembra imperversare sulla vittoria del quiz, l’esperimento mediatico può rappresentare un ottimo banco di prova per lo stato dell’arte della ricerca tecnologica e, soprattutto, per le ambizioni di IBM: come ricorderanno i lettori di Punto Informatico , l’azienda di Armonk ha di recente annunciato di aver lanciato un programma di ricerca volto a simulare in tutto e per tutto il funzionamento del cervello umano.
Qualcuno, comunque, non sembra essere d’accordo sulle modalità scelte da IBM per mostrare i progressi fatti nel settore della ricerca: è il caso di di Peter Norvig, scienziato informatico di Google, che ha commentato la vicenda dichiarando di “vedere più una dimostrazione che una sfida vera e propria”. Ciò che comunque appare certo è che l’intera operazione garantirà un forte ritorno mediatico all’azienda, che può così tornare a cavalcare le imprese schacchistiche dei predecessori, sdoganandosi sul piccolo schermo magari riciclando i vecchi supercomputer alle future edizioni di reality in cui, com’è noto, si deve pur passare per tornare dal dimenticatoio alle attenzioni dello showbiz.
Vincenzo Gentile