Per approfittare di questi brevetti non si dovrà chiedere alcuna autorizzazione, nessuna royalty da pagare. Su queste tecnologie eco-sostenibili si potrebbe costruire un modello di business, senza dovere nulla a chi ne detiene la paternità. Sono invenzioni depositate nell’ Eco-Patent Commons , un archivio di brevetti liberati da ogni vincolo perché l’industria possa implementarli a favore dell’ambiente e possa collaborare a innovare per minimizzare il proprio impatto.
Verranno riversati nel calderone del pubblico dominio, saranno a disposizione di chiunque voglia implementarli o costruire su di essi, e i legittimi inventori della tecnologia rinunceranno a rivendicarne la paternità . Ad aderire all’ iniziativa sono per ora colossi come IBM, Sony e Nokia. Il commons eco-sostenibile può vantare per ora 31 brevetti , depositati sul sito del World Business Council for Sustainable Development ( WBSDC ), un’organizzazione non profit che opera per uno sviluppo sostenibile dell’industria.
“Questa è un’iniziativa open source, sulla linea di Creative Commons”, ha spiegato David Kappos per IBM, tracciando questa analogia per sottolineare come Big Blue creda che la condivisione della conoscenza a favore di altre aziende e di istituzioni possa tradursi in innovazione . Per sottolineare come tutto questo sia tutelato a livello legale: alle aziende che attingeranno al patrimonio in pubblico dominio non verrà permesso di rivendicare la paternità delle tecnologie che si sono limitate ad implementare.
Ma l’obiettivo del progetto non è semplicemente quello di mettere a disposizione la conoscenza con l’auspicio di migliorare e migliorarsi a favore dell’ambiente. La scelta di mettere a disposizione di tutti il know how per operare nel rispetto dell’ambiente potrebbe colmare il vuoto strategico di molte imprese che mirano al profitto immediato senza curarsi dell’impatto ambientale e sopperire contestualmente alle mancanze delle industrie di molti paesi emergenti , ancora non in grado di mettere in campo delle soluzioni eco-compatibili.
Attingendo al Commons avrebbero a disposizione, gratuitamente, un archivio di istruzioni per ridurre gli sprechi nei sistemi di imballaggio, per riciclare e riusare le apparecchiature a fine vita e evitare che la spazzatura hi-tech si accumuli in discariche inadatte a trattare materiali nocivi. Potrebbero beneficiare di tecnologie capaci di tagliare sui consumi energetici, di massimizzare le rese dei carburanti, di utilizzare materiali meno dannosi per la salute o per l’ambiente, di ridurre alla fonte l’inquinamento.
Ma non è tutto: Eco-Patent Commons potrebbe agire come una piattaforma per creare delle sinergie fra diversi settori dell’industria. “Fornisce alle aziende e alle istituzioni un’opportunità per individuare aree di interesse comune – ha spiegato Bjorn Stigson, presidente di WBCSD – e per stabilire nuove relazioni che inneschino l’innovazione nell’ambito delle tecnologie brevettate e non solo”.
Gaia Bottà