IBM sostiene di aver sviluppato un processo produttivo a base di nanofotonica compatibile con quello standard dell’industria dei semiconduttori, e promette di mettere a frutto tale processo prima di tutto per rendere i moderni supercomputer ancora più “super-potenti” .
Dopo aver completato il suo pacchetto di tecnologie base per mezzo delle quali realizzare, in un futuro non troppo lontano, microchip in grado di operare direttamente con la luce invece che con l’elettricità, Big Blue è ora impegnata nell’integrazione di tale “toolkit” tecnologico con la moderna industria produttiva dei microprocessori.
Il primo risultato di questo lavoro di implementazione si chiama CMOS Integrated Silicon Nanophotonics , processo tramite il quale si possono integrare – dice IBM – componenti nanofotonici e chip al silicio per permettere a questi ultimi di comunicare a velocità molto superiori di quelle che caratterizzano il movimento di elettroni attraverso le piste elettriche “disegnate” su una scheda madre.
Il vantaggio principale di CMOS ISN è la sua compatibilità con il tradizionale processo CMOS, il che vuol dire poterla mettere in pratica già oggi sulle linee di produzione industriale dei microchip. IBM ha dimostrato la praticità del sistema con un nodo CMOS a 130 nanometri, ma dice di essere impegnata a far scalare la tecnologia al di sotto dei 100 nanometri.
In attesa di mettere a frutto le mirabolanti capacità di processori capaci di sfruttare la nanofotonica a livello di transistor, IBM pensa di avviare l’adozione del nuovo paradigma in ambito supercomputer: già oggi i sistemi più performanti usano tecnologia ottica per trasferire enormi quantità di informazioni ad altissima velocità, dice Armonk, e grazie alla nanofotonica sarà possibile costruire mastodonti di classe exaflop nel giro dei prossimi 10 anni .
Alfonso Maruccia