L’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN) ha chiesto a una corte federale statunitense di bloccare il tentativo di sequestro dei codici nazionali per i nomi di dominio di primo livello (ccTLD) di Iran (.ir), Corea del Nord (.kp) e Siria (.sy), spiegando ai giudici che i domini nazionali non sono una proprietà e non possono essere sequestrati.
L’autorevole posizione di ICANN arriva a coronamento di una causa legale vecchia di quasi 20 anni, una vicenda originatasi dal ferimento di quattro cittadini americani durante un attentato terroristico in Israele per cui Hamas ha proclamato la propria responsabilità. Visto che l’Iran ha sempre sostenuto l’organizzazione palestinese, dice l’accusa, allora le autorità iraniane (e a questo punto nordcoreane e siriane) sarebbero responsabili dell’attentato.
La causa è stata vinta con giudizio per mancata partecipazione dell’accusato, e secondo i giudici USA alle vittime spetterebbe un risarcimento di 109 milioni di dollari. Risarcimento piuttosto difficile da ottenere, al punto che finora l’accusa è riuscita solo a intromettersi nella vendita di un’abitazione texana (valore 400mila dollari) appartenuta all’ex-scià iraniano.
I domini ccTLD rappresentano quindi l’ultima “osso” che gli avvocati americani possono provare a spolpare prima di ritrovarsi con un pugno di mosche in mano, ma secondo ICANN si tratta di un falso obiettivo: i ccTLD non sono una “proprietà” e non appartengono né all’organizzazione che gestisce il sistema DNS né ai governi dei paesi a cui essi fanno riferimento, e l’unico risultato che un tentativo di sequestro dei giudici otterrebbe sarebbe l’inoperabilità dei ccTLD attuali con la scomparsa da Internet di centinaia di migliaia di nomi di dominio di secondo livello già assegnati con suffissi .ir , .kp e .sy .
L’unico modo che l’accusa avrebbe di forzare un passaggio di mano nella gestione dei ccTLD incriminati sarebbe attraverso un ordine del Dipartimento del Commercio USA impartito a ICANN, dice l’organizzazione.
Alfonso Maruccia