La strada verso la rivoluzione copernicana dei nomi di dominio di primo livello (TLD) voluta da ICANN si fa sempre più ripida e irta di ostacoli. Uno dei massimi organi di governo dell’infrastruttura di rete si è preso del tempo per rodare la sua proposta iniziale e fissare i dettagli, intrattenendosi tra le altre cose in una serie di meeting con professionisti del settore nel tentativo di far quadrare il cerchio e mettere d’accordo tutti i soggetti interessati.
Molti i motivi del contendere, a cominciare dai costi esorbitanti necessari per registrare un proprio TLD “nex-gen” e sostenere le relative spese accessorie, che secondo le stime del New York Times vanno dai 185mila della semplice richiesta presso ICANN ad una cifra che oscillerebbe tra i 500mila dollari e il milione di dollari complessivi per avere la possibilità di “esistere” online con un suffisso personalizzato.
Simili livelli di costi, specula il NY Times , serviranno a lasciare fuori dalla porta non solo gli individui e i cyber-squatter di professione (per cui è stata prevista la tassa di entrata di 180mila e passa dollari in funzione intimidatoria) ma anche le imprese di medie dimensioni che non possono certo permettersi di spendere un milione di euro per un sito web.
Altrettanto interessante sarà poi assistere al caos scatenato dallo stravolgimento delle convenzioni web attuali, perché se oggi un browser interpreta un dominio solo se accompagnato dal relativo suffisso preceduto dal punto, in un ideale mondo dei TLD liberato dalle schiavitù del web tolemaico (quello coi domini attorno al suddetto punto) un sito web potrebbe chiamarsi anche semplicemente “apple” o “microsoft”, senza punto o suffisso alcuni. Una condizione tutta nuova che al momento viene interpretata dal software di navigazione come un errore da correggere attraverso apposita redirezione sui motori di ricerca o altrove.
Le questioni più spinose sono ovviamente quelle riguardanti i marchi registrati , che in uno dei meeting organizzati da ICANN tenuto per l’occasione a New York sono esplose con tutta la loro virulenza legale evocando persino richiami a vecchie storie di guerra e aziende teutoniche smantellate. In questo caso il problema dei cyber-squatter ICANN vorrebbe risolverlo con database a priori e “procedure veloci” per la difesa del marchio da parte dei detentori (teoricamente) legittimi del suddetto.
Nella soluzione proposta a New York l’organo di governo dei domini dovrebbe approntare un database mondiale dei marchi registrati dove le aziende potrebbero presentare prove concrete delle loro legittima proprietà, senza per questo essere obbligate ad acquistare il relativo dominio (es. “cocacola”). In questo modo si contrasterebbe l’abuso del sistema TLD da parte dei malintenzionati e nel contempo si placherebbero le polemiche che descrivono ICANN come una macchina fatta per spennare l’industria fino al singolo centesimo.
Alfonso Maruccia