Questo 2016 volge al termine, mancano pochissimi giorni alla sua fine. Ma che anno è stato per gli Italiani dal punto di vista tecnologico? Ce lo raccontano due recenti rilevazioni Istat .
Un terzo delle famiglie italiane, purtroppo, ancora non accede a internet: il dato è sostanzialmente stabile – in quanto segna un modesto aumento del 3 per cento, passando dal 64,7 al 67,7 – ma non può dirsi propriamente positivo. Si accede alla rete mediamente a banda larga, con una preferenza per la connessione fissa (ADSL, fibra ottica ecc) ma si accede poco rispetto al resto d’Europa – soprattutto nella frequenza d’uso: l’anno scorso dietro di noi c’erano solo Bulgaria e Romania , mentre quest’anno ci piazziamo al 19simo posto con un valore pari al 77 per cento, e quindi un’arretratezza di 6 punti percentuali rispetto alla media europea (83 per cento).
La presenza di almeno un minorenne in famiglia pare essere fattore importante per l’uso della connessione a Internet, le meno connesse infatti sono le famiglie composte solo da ultrasessantacinquenni. Ma anche la cultura – o meglio il titolo di studio – sembra essere elemento rilevante in questo: il 91,6 per cento delle famiglie con almeno un componente laureato ha a casa una connessione a banda larga.
Se andassimo a scorporare poi il dato nazionale, ci accorgeremmo – senza alcuno stupore – che purtroppo le regioni del sud sono quelle in cui le famiglie risultano meno connesse: fanalino di coda sono Molise, Puglia, Campania, Calabria e Sicilia; unica regione del Nord ad essere alquanto indietro, rispetto alla media nazionale, è la Liguria.
Un po’ più confortante invece la situazione per le aziende: se si escludono infatti quelle piccolissime o a conduzione familiare, cioè prendendo in esame solo quelle che hanno più di 10 dipendenti, la percentuale di accesso a internet arriva a uno straordinario 98 per cento – il che è facilmente sintetizzabile come “tutte”. Questo non significa però che l’impresa italiana risulti del tutto digitalizzata: si stima infatti che solo il 71,3 per cento di queste imprese disponga di un proprio sito web o di qualche pagina su Internet (un modestissimo +0,6 rispetto al 2015). Tra le aziende di grandi dimensioni, solo una su quattro circa fa uso di servizi di cloud computing, mentre il 9 per cento appena usa i cosiddetti “Big Data”. Per l’impresa italiana poi l’utilizzo di social network è ancora piuttosto basso, non arrivando nemmeno al 40 per cento (+1,9 rispetto al 2015), così come sono scarse le competenze interne visto che il 61,9 per cento di esse preferisce richiedere i servizi di ICT all’esterno.
Il lavoro, comunque sia, ne beneficia: le persone occupate in professioni legate a questo comparto sono il 7 per cento in più rispetto al 2011, sebbene in Italia l’occupazione sia calata quest’anno dello 0,6 per cento; sull’intero settore produttivo del nostro paese le professioni hi-tech incidono per il 3,2 per cento, a differenza di Francia e Germania, dove invece incidono rispettivamente del 3,6 e 3,7 per cento.
Piccoli passi in avanti per l’e-commerce: la quota di imprese che vendono online guadagna un punto percentuale rispetto all’anno scorso, passando dal 10 all’11 per cento, anche se si conferma un consistente divario tra piccole e grandi aziende. L’utenza comunque ci crede sempre più: nel 2016 il 50,5 per cento degli Italiani dichiara di fare acquisti online, ma anche chi non compra direttamente in Rete sembra prediligere internet per la ricerca di informazioni su merci o servizi.
Nicola Bruno