Umana o non umana, di intelligenza ce n’è bisogno. Come dell’Internet Festival di Pisa, del resto.
A metà tra rivoluzione e “insurrezione” (come l’ha definita Alessandro Baricco), sta arrivando l’Intelligenza Artificiale. Nei nostri dispositivi, essenzialmente nelle nostre vite. Un cambio di paradigma tecnologico, forse umano, sicuramente economico e giurisprudenziale. Ci è piaciuto molto l’Internet Festival di Pisa, anche e soprattutto quest’anno, perché ha saputo connettere tutti questi ambiti al maxi ambito dell’IA e ne ha parlato con un’ottica particolarmente pre-occupata della cura dei dati e della blockchain, possibile aiuto nel non farsi travolgere, anzi gestire parte di questo paradigma.
Un approfondimento, ancora una volta, multiforme e multidisciplinare, che consente al visitatore del festival di calarsi poco alla volta, un punto di vista dopo l’altro, nel cuore di un problema. L’edizione 2018 ha visto peraltro coincidere il problema e la soluzione, poiché entrambi risiedono dentro il grande, abnorme, significato della parola “intelligenza”. Il cerchio si è dunque chiuso attorno al Ponte di Mezzo, laddove grandi palloncini hanno fatto vibrare lettera per lettera la parola che permea ogni singolo panel, laddove il festival ogni anno comincia e finisce.
Tutto attorno c’è Pisa, la città che meglio di ogni altra in Italia può racchiudere in sé i paradigmi di una grande storia e quelli di una grande cultura di innovazione. L’Arno che scorre sotto il Ponte di Mezzo innerva l’intera città, fino a rendere ancor più significativo quello spettacolare volo di drone che ha inaugurato il festival: un sistema automatico che, trasportando sangue, può salvare vite umane; una intelligenza artificiale che può farsi supporto di un cuore pulsante, esattamente la direzione entro cui occorre andare invece di abbandonarsi a neoluddismo o timori pregiudiziali.
È stato un inizio perfetto quello con Alessandro Baricco, che col suo ultimo saggio, The Game, ha impostato un discorso originale ed esplorativo su Internet. Sono stati ottimi i relatori, come il massmediologo Derrick de Kerckhove che ha – coraggiosamente – messo in soffitta il suo concetto più noto, l’intelligenza connettiva, alla luce dell’IA; il blogger dissidente iraniano Hossein Derakhshan, conosciuto con il nickname di Hoder, che ha parlato di un illuminismo digitale, improntato a una dignità umana; è stato straordinariamente stimolante il confronto tra Dino Amenduni e Vesselin Popov, così come ne panel su IA e nuovi diritti sentire l’esempio geniale di Stefano Quintarelli, ascoltare avvocati brillanti come Fulvio Sarzana e Guido Scorza ragionare sulla necessità di mettere mano a questa materia per il rispetto dei principi fondanti del diritto, scoprire da Marco Bellezza – consigliere giuridico di Di Maio al MISE – che l’Italia non ha al momento un piano nazionale per l’IA. Riparare al più presto: buon lavoro MISE.
Di oltre 250 eventi diffusi in tutta la città, Punto Informatico ha seguito le orme dei temi più importanti di questa edizione 2018, inevitabilmente sacrificando altro, felici però di vedere il successo di questa edizione, visitata da migliaia di persone e che ha prodotto 1,2 terabyte di contenuti sui social.
Cosa ci si porta via, dunque, dal festival? Almeno tre valori:
- Il dibattito sulle fake news si sta facendo finalmente adulto, meno folgorato dai complottismi e più concentrato su informative, verifiche, monitoraggio degli scopi “psicometrici”;
- l’Intelligenza Artificiale è un tema che va il prima possibile sgombrato da miti esagerati, alla Terminator. Si tratta di enorme deep learning di dati – e qui c’è il tema di quali dati e che cosa possono fare gli Stati per difendere i propri, quelli, ad esempio, infrastrutturali – e si tratta di statistica, di probabilità. Non di assertive certezze;
- La blockchain può essere utile sia ai professionisti che alle pubbliche amministrazioni. Realmente. E fuor di hype.
Siamo nella datacrazia, vero. Ma possiamo ancora essere intelligenti. Anzi, dobbiamo esserlo: oggi come non mai.