Quando il computer a bordo del LEM della missione Apollo 11 ebbe problemi di sovraccarico di dati mancavano tre minuti all’atterraggio. La narrazione popolare di quel frangente drammatico di un viaggio celebrato da film, romanzi, saggi, racconta che il comandante Armstrong ebbe la freddezza di escludere il software e proseguire l’ultimo tratto a vista, poggiando “l’aquila” pochi istanti prima del limite di consumo di carburante oltre il quale non sarebbe stato possibile ritornare a casa.
Tutto giusto, ma chi ha sentito parlare, in tutte le recenti celebrazioni per i 50 anni dall’allunaggio, di Margarete Hamilton? Eppure lei è l’ingegnere del software che ebbe l’intuizione di modificare il codice del computer di bordo in modo che in caso di errore fosse possibile istruire il programma di volo ad escludere tutte le opzioni secondarie. Senza il lavoro di quella trentenne – peraltro no budget perché la Nasa pensava che fosse stupido programmare pensando ad errori imprevedibili invece di eliminarli – i due astronauti americani non ce l’avrebbero fatta e oggi ricorderemmo i cinquant’anni di una tragedia.
Questa è solo una delle storie raccontate dal libro “L’informatica al femminile” di Cinzia Ballesio e Giovanna Giordano, che colleziona brevi e appassionate biografie, anche molto accurate, di donne straordinarie, pioniere dell’informatica, dei linguaggi di programmazione e dell’ingegneria informatica.
Un panel così ci voleva all’Internet Festival di Pisa, perché se ci si interroga sulle #regoledelgioco è doveroso farlo anche riflettendo sulla fatica immane delle donne a entrare in questo gioco, a farsi ascoltare, a farsi strada, ad avere successo.
Certo, molto tempo è passato da quando Ada Lovelace Byron si firmava solo con le iniziali nei suoi studi, oggi considerati fondamentali, e invece la geniale e simpatica Grace Murray Hopper, programmatrice volontaria nella marina militare, meritava persino una postuma Medaglia della libertà voluta fortemente da Barack Obama durante la sua presidenza. Ma questo secolo, a consuntivo, è stato il secolo dell’IT che ha mancato un riconoscimento proporzionato alle donne che hanno contribuito a costruirla. Dentro, peraltro, un andamento piuttosto altalenante: negli anni Settanta un quarto degli iscritti all’Università di Pisa al corso di programmatore erano donne, poi il crollo. “L’informatica pura ha ceduto il passo negli interessi delle ragazze a temi più business, e di tecnologie applicate, un peccato“, ha spiegato Giovanna Giordano – fattore evidente anche confrontando in numero di iscritti, in anni più recenti, a corsi di laurea online in informatica rispetto a ingegneria.
La lettura di questo libro è ovviamente consigliata alle ragazze, è una sorta di storie della buonanotte per bambine che vogliono andare su Marte, ma è anche un compendio storico utile a tutti quanti vogliano conoscere l’altra metà del cielo informatico che ha creato tutto quanto funziona oggi attorno a noi. Cinzia Ballesio, cofondatrice di “Se non ora quando?” ha ricordato, non poteva non farlo, l’importanza delle reti di condivisione di esperienze per sfondare il noto tetto di cristallo, quella somma micidiale di pregiudizi di genere, conservatorismi accademici, disparità di trattamento economico, autoboicottaggio. Insomma, una volta anche appreso quanto di straordinario le donne hanno fatto con l’informatica e per il mondo, cosa fare per incentivare il rapporto tra donne e informatica, come già aveva, incredibilmente, intuito suor Mary Keller, una donna che Bill Gates ha inserito nel suo personale Pantheon? “Alcune figure contemporanee, penso a Sheryl Sandberg o Marissa Mayer, dimostrano come oggi le donne intendano usare il loro successo per smontare le disparità di genere fornendo al contempo strumenti per aumentare le opportunità alle donne di talento. Certo, è questione di lavorare con quel che si ha, compresi quindi gli uomini, buttando giù i pregiudizi sul ruolo che loro possono avere nella cura: senza una migliore divisione dei compiti sarà sempre complicato per le donne arrivare ai risultati straordinari delle donne raccontate nel nostro libro, le quali non a caso hanno spesso pagato alti costi personali“.