Il 95 per cento della musica che i netizen si procurano online è pirata: i download non sono autorizzati dal detentore dei diritti, l’utente non corrisponde all’industria il dovuto. Mentre cresce il mercato dei download legali, mentre gli attori del mercato si industriano per offrire agli appassionati nuovi rubinetti di musica, gli intermediari della rete sono dei filtri sempre più attivi.
A snocciolare numeri è IFPI, nel Digital Music Report 2009 : il mercato della musica digitale vale ora 3,7 miliardi di dollari , è cresciuto del 25 per cento rispetto allo scorso anno e le piattaforme di distribuzione online garantiscono all’industria della musica il 20 per cento delle entrate. Il comparto online rende più di quanto non rendano le collaborazioni con Hollywood, con i giornali e le riviste.
I cittadini sono altresì sempre più affamati di musica: IFPI cita dati NPD per mostrare come la domanda sia più pressante che mai, cita dati Nielsen per mostrare che il 2008 è stato per gli States l’anno in cui la vendita di musica ha sfiorato picchi mai raggiunti prima. Se gli States sono il più fertile mercato della musica digitale, assicurando all’industria il 50 per cento delle entrate incamerate con questo modello di business, il Regno Unito e la Francia sono i paesi in cui l’impatto dei download a pagamento è stato più dirompente: lo scorso anno le vendite sono aumentate di quasi il 45 per cento rispetto al 2007. Si tratta di dati che sembrano stonare rispetto ai numeri che IFPI cita a proposito della pirateria: la musica pirata è la stragrande maggioranza della musica attinta alla rete; la pirateria, ricorda IFPI, innesca effetti a catena che impattano sulla produttività della classe creativa e di coloro che gli orbitano intorno.
Ma l’ industria e i tribunali cominciano a comprendere che un download non autorizzato non è necessariamente una vendita persa , i colossi della musica sembrano iniziare a reagire in maniera positiva alla condivisione, a reinventarsi per meglio aderire alle esigenze di un mercato che è cambiato. IFPI sottolinea che gli utenti sembrano apprezzare servizi che garantiscono accesso ubiquo alla musica e soluzioni combinate ; coloro che non si accontentano di fruire della musica in streaming sembrano lasciarsi allettare dalla più ampia libertà di scelta offerta loro. Se iTunes si mantiene il leader incontrastato del mercato, insidiato dalla piattaforma DRM free di Amazon , è probabile che il cambiamento nella politica DRM di Apple garantisca al servizio un florido futuro e incoraggi altre piattaforme a negoziare con le etichette.
Il fatto che in Europa il 16 per cento dei netizen sia un condivisore di musica, il fatto che la musica messa a disposizione dai netizen sia il principale motivo per cui i netizen stessi la scaricano, il fatto che stimi che nel 2008 siano stati scambiati online senza autorizzazione 40 miliardi di file musicali sono elementi che non smettono però di spaventare l’industria. Se ci sono artisti che si fanno giustizia da soli , l’industria punta su una strategia di contenimento che faccia appello agli intermediari della rete.
Nel report 2009 si sottolinea come piattaforme quali YouTube e MySpace inizino a rappresentare un canale per monetizzare . I consumatori, questo quanto stima NPD a proposito di 45 milioni di cittadini statunitensi, sono disposti a barattare la propria attenzione nei confronti della pubblicità con flussi di musica gratuita. Ma l’impatto delle clip che circolano online con sottofondi musicali non autorizzati, il rimbalzare dei video che l’industria ritiene non ricadano nella disciplina del fair use è ancora troppo violento: è per questo che l’industria non allenta la pressione sulle piattaforme . Se YouTube ha cominciato ad offrire ai netizen la possibilità di scaricare contenuti , nel contempo ha iniziato a silenziare video accompagnati da musica coperta da copyright e a offrire la possibilità di sincronizzarli con musica libera.
IFPI evidenzia inoltre come le iniziative che stanno fermentando in Francia , nel Regno Unito e negli Stati Uniti per coinvolgere gli ISP nella lotta alla pirateria, rappresentino una soluzione efficace : la minaccia della disconnessione, le comunicazioni inviate dai provider sarebbero sufficienti nella maggior parte dei casi a dissuadere i cittadini della rete che abusano del file sharing . Basati sull’interventismo dei provider, stanno emergendo modelli di business e cause condotte dall’industria dei contenuti, che sostiene che gli ISP che non agiscano a loro favore siano da considerare complici dei pirati . Nel contempo, pare che saranno gli stati a fare pressione sui provider recalcitranti: ove non si riuscirà a rispondere alla pirateria con accordi e autoregolamentazioni, è probabile che interverrà la legge. Conferma John Kennedy, a capo di IFPI: “Gli stati stanno iniziando a coinvolgere i provider nella protezione dei diritti di proprietà intellettuale. Non fare nulla – attacca Kennedy – non rappresenta un’opzione, se deve esserci un futuro per il commercio di contenuti digitali”.
Gaia Bottà