Big Corp. sta provando a neutralizzare i professionisti del patent trolling per mezzo del consorzio Allied Security Trust , ma nel frattempo le sanguisughe dell’innovazione statunitense (o presunte tali) sono più attive che mai nel chiamare davanti al giudice una sequela senza fine di persone ed entità commerciali, colpevoli di “abusare” di invenzioni misconosciute registrate all’ USPTO e mai messe a frutto dai rispettivi proprietari.
L’ultimo caso a guadagnarsi gli onori della cronaca coinvolge nientemeno che Oprah Winfrey, regina dei talk show americani, eminenza della TV e tra i personaggi più influenti dell’intrattenimento a stelle e strisce: è colpevole, secondo l’accusa, di aver violato il brevetto 7.11.252 per “migliorare il touch & feel su Internet” registrato dall’avvocato-inventore Scott C. Harris.
Harris ha una lunga storia di brevetti e (soprattutto) cause intentate contro i grandi nomi per l’ipotetico utilizzo indebito delle sue IP (proprietà intellettuali) in prodotti commerciali, e ha recentemente concesso alcune di queste IP a una società terza che le ha subito utilizzate per trascinare in tribunale i presunti colpevoli . Winfrey è stata citata dalla società Illinois Computer Research , di proprietà dell’avvocato James Beauregard Parker, e se i rapporti precisi tra Harris e la suddetta ICR non sono attualmente noti, è certo il motivo del contendere, vale a dire la funzionalità di preview del servizio Oprah’s Book Club .
Il modo in cui l’Oprah’s Club permette agli utenti di consultare estratti delle opere prima dell’acquisto sarebbe già stato coperto dal brevetto di cui sopra, cosa che costringerebbe dunque Winfrey, ma anche Google e parecchi altri a pagare multe e percentuali all’attuale proprietario della IP , vale a dire la suddetta ICR. Oltre alla famosa presentatrice televisiva, la causa cita tra gli altri presunti colpevoli anche Sony, che con i prodotti della serie Bookreader sarebbe in flagrante violazione del brevetto 7.11.252.
Quel che è capitato a Intel, poi, non può essere definito in pieno l’operato di un patent troller di professione, ma nondimeno rappresenta l’ennesimo caso utile a mettere in luce gli effetti negativi dell’attuale sistema dei brevetti sull’innovazione tecnologica . Il chipmaker di Santa Clara avrebbe ottenuto per mano di Steve Jobs le cianografie della circuiteria del processore poi noto come Core 2 Duo e la relativa tecnologia di virtualizzazione integrata. Secondo i detrattori e accusatori il design di uno dei prodotti commerciali più riusciti di Intel sarebbe stato sottratto a Matthew Robert Young, attuale ospite della prigione Snake River in Ontario, Oregon, che ha chiesto la bellezza di 5 miliardi di dollari per quello che lui considera un furto, sostenendo di poter provare di essere “l’unica persona al mondo” in grado di sapere come funziona la CPU.
Nel 2003 Young avrebbe approcciato Jobs con l’intenzione di concedergli (o vendergli) i diritti di sfruttamento di “Lancelot”, il nome che l’inventore-ingegnere-carcerato aveva dato a “un computer a prova di hacker e virus con microprocessori multifase”. Ma il boss di Apple, sostiene il detenuto, invece di accordarsi con Young avrebbe passato le informazioni a Intel che ne avrebbe tratto poi la sua nuova generazione di processori per il mercato desktop e professionale. Young presenta missive che nelle suo intenzioni dovrebbero rendere chiara la coscienza sporca di Intel nei confronti del suo lavoro di ingegnerizzazione ed evoca le sacre scritture a testimonianza della giustezza del suo operare.
Chi invece in prigione meriterebbe forse di passarci qualche notte per eccesso di verve creativa sono gli autori dei brevetti di IBM, sin troppo attivi nella registrazione ossessivo-compulsiva di IP inutili , risibili o inqualificabili che hanno pensato bene di cominciare il nuovo anno con un nuovo… brevetto, forse meno risibile di quelli precedenti ma sicuramente altrettanto discutibile. L’applicazione di brevetto 7.472.065 parla infatti di un sistema per “generare fenomeni paralinguistici attraverso markup nella sintesi vocale del testo scritto”, un meccanismo potenzialmente in grado di donare un tocco di umanità in più ai robot o alle tante voci sintetiche che accompagnano i suoni di stazioni ferroviarie, registrazioni di attesa dei call center e quant’altro.
Alfonso Maruccia