Roma – “La trappola per topi non funziona più, mettiamo un pezzo di formaggio più grande!”. E’ questa la soluzione per correre ai ripari e risolvere una crisi, quella dell’advertising, che mette a rischio la sopravvivenza di numerose dot com, o almeno è una delle possibili soluzioni. IAB dixit.
A luglio dello scorso anno è stata presentata a Milano l’Italy Internet Advertising Revenue Report, una ricerca realizzata da IAB con PricewaterhouseCoopers sul mercato italiano dell’adv on-line. La ricerca analizzava, tra i vari aspetti, le diverse forme dell’adv on-line: i banner risultavano lo strumento più diffuso (63%), seguito da sponsorship (19%) e interstitials (18%).
Dello stesso periodo è anche una ricerca condotta da LemonAd, secondo la quale nonostante le previsioni di calo, il banner resta il formato più usato, detenendo il 72,8% del mercato, seguito dai formati bottoni/manchette (18,7%) e dai banner verticali (6,8%). La ricerca di LemonAd butta un occhio anche sulle nuove “sperimentazioni” (animazioni in Flash), ancora poco diffuse, e fa notare quanto siano ancora poco sviluppate le Rich Media (1,4%) ovvero tutte quelle forme di pubblicità on line o produzioni web che ricorrono a elementi multimediali (animazioni, audio) per richiamare maggiormente l’attenzione dei “consumatori”.
In una recente newsletter di Internetday.com, ho trovato una serie di allarmanti “prediction” per il 2002, quali:
-> Il trionfo del Pay-Per-Click: per dire la verità in Italia non è ancora un modello molto diffuso, anche perché se è vero che è possibile pagare sulla base della quantità di “click” generati da una campagna, non è altrettanto vero che è possibile misurare la qualità dei contatti!
-> La crescita (in dimensioni) della pubblicità: avrete notato tutti che Yahoo ha iniziato ad inserire banner di grandi dimensioni, ed è un segnale importante……perché lo standard 468×60 pare essere ormai superato da dimensioni quali 720×90, soprattutto nei siti che sopravvivono grazie ad introiti pubblicitari (ovvero la stragrande maggioranza, almeno sino ad oggi!).
Aumentare la dimensione del banner perché sia impossibile ignorarlo, questa è la soluzione, prospettata dallo stesso IAB (Internet Advertising Bureau), con l’obiettivo di rivitalizzare l’advertising. Ed ecco il web popolato da skyscraper (unità verticali), con dimensioni esagerate, 160×600 pixel, o i nuovi maxi-pop-up da 250×250 pixel.
Ma quando tutto il popolo della rete sarà ormai assuefatto e completamente impassibile di fronte al maxi-banner, la pubblicità ricoprirà tutto lo schermo costringendoci a scorrere la pagina per trovare le informazioni che cercavamo? Mah!
-> Diffusione del Rich-Media. Proprio così. Pubblicità animate, con suoni ed una discreta interattività, tipicamente create in Flash (e-mercials, banding etc.) diventeranno piuttosto comuni nel 2002. Funzionano bene per catturare l’attenzione del visitatore, giusto? E poi non hanno bisogno di essere di grandi dimensioni, ma devono semplicemente essere creative. Già. Perché la sfida per catturare l’attenzione dell’ utente (ovvero mettere il topo in trappola), su un mezzo nuovo come Internet, non poteva non essere giocata sulle vecchie regole della TV! Ed allora ecco suoni e animazioni che, a detta dei promotori del rich media, proprio come per lo spot televisivo (video+musica) colpiscono il potenziale consumatore, catturandone l’attenzione (e il topolino si avvicina al formaggio, più o meno ignaro del suo destino), e stimolando l’acquisto (e zacchete, è scattata la trappola!), perché sfruttano meglio le potenzialità della rete: animazione, interazione.
Vista in questo senso, l’interazione one-to-one (perché è questa la più grande potenzialità della rete) è intesa come l’atto di ogni singolo individuo di interagire con l’animazione pubblicitaria (clicca e mordi il formaggio qui, please!). Ma questo non è proprio one-to-one.
Questa predizione va presa con le dovute precauzioni, ovviamente, ma è sotto gli occhi di tutti noi la trasformazione dell’advertising, in questi ultimi mesi, simile all’ultimo tentativo di un condannato a morte… per salvarsi la vita. Aumentare le dimensioni di un banner, o utilizzare più animazioni, abbinate a suoni, nel tentativo sempre più evidente di rendere internet ciò che non é, ovvero la televisione, non credo possa essere una soluzione per la sopravvivenza dei siti che di advertising… non vivono più.
Qualche esempio pratico, questa volta preso dal mio vissuto on-line.
Qualche giorno fa visitavo il sito de La Stampa perché mi avevano segnalato un articolo interessante nella sezione economia. Clicco sul link alla sezione in questione e mi ritrovo in una pagina di passaggio (il fatidico interstitial)
http://www.lastampa.it/Common/_banner.scripts/interstitial/fineco-economia.htm
dove un gigantesco banner animato (e interattivo) Fineco mi chiede cosa voglio fare dei miei soldi, (e già mi viene una domanda, Lire o Euro?) lasciandomi tre diverse alternative. Lo ammetto. L’ho guardato. Ma solo perché non avevo scelta. Sotto il banner (che occupava praticamente tutto lo schermo), trovo una frase che mi sembra un’ancora di salvezza: “portatemi alla pagina che avevo chiesto” (pare un grido disperato, no?) solo che non é completa, perché manca un “porcaccia la miseriaccia!”. E a quel punto la pagina che avevo chiesto non m’interessa più. Chiudo il browser e smetto di navigare. Probabilmente senza quell’invasione…avrei continuato a navigare e letto altre pagine, generando altre impression, con relativi ricavi per l’editore. Ma così non è stato.
Ieri mi é capitata una disavventura simile con un altro sito (scusatemi se ometto il nome, ma proprio non lo ricordo)….dalla Home Page cercavo di raggiungere un link di una sezione interna, ma un banner in continuo
movimento, regolarmente sovrapposto all’area sulla quale avrei voluto cliccare, depistava ogni mia azione. Una vera persecuzione. Ho nuovamente chiuso il browser e…sorpresa, ecco comparire un altro fastidiosissimo banner, non un pop-up, per carità, ma un pop-under, una forma alternativa di advertising che resta nascosta, dietro la finestra nella quale tu navighi, perché così non interrompe la tua lettura, ma ti coglie di sorpresa quando tu pensi di avere scampato ogni pericolo, o di avere già subito passivamente un sufficiente quantitativo di pubblicità!
A forza di trasformare Internet nella tv, finiremo tutti per fare uno zapping nevrotico, o per fare quello che abbiamo fatto spesso con la tv: spegnere tutto……o rassegnarci e….cominciare a pagare (vedi i canali digitali a pagamento o la tv via cavo). Posso anche essere rassegnata, di fronte alla TV, a sorbirmi interminabili sequenze pubblicitarie interrotte ogni tanto per qualche minuto di film, ma non posso accettare di essere manovrata anche quando utilizzo un mezzo come la Rete, con il quale sono io-persona (e non utente, o consumatore) a decidere cosa fare, con chi parlare, quali informazioni cercare, come, dove e quando. E se proprio ho voglia di interagire con un’azienda, o di trovarne una che risponda alle mie esigenze, trasformandomi quindi in consumatore , non ho intenzione di farlo come il topo che cerca il formaggio e cade in trappola, ma come una persona informata che cerca maggiori informazioni, o le opinioni di altri consumatori, o un rapporto diretto, un dialogo, con l’azienda.
Questa è la modalità con la quale le persone interagiscono nel “mercato” on-line, cercando “relazioni”, e trasformarla nella televisione non sarà una soluzione definitiva, sarà l’ennesima incomprensione, un equivoco dalle conseguenze drammatiche per la sopravvivenza di molte aziende. L’immagine non è tutto, almeno non sulla Rete, quella fatta di persone che “comunicano”, principalmente con parole, parole e parole (chat, email…e adesso SMS). E sto parlando di milioni di persone. Forse è il caso di cominciare a rispettarle di più, altrimenti impareranno, come già hanno fatto con la tv e il tasto rosso del telecomando, a premere quella fatidica “x” in alto a destra e chiudere il browser.