Di base non è altro che un progetto di ingegneria genetica come molti altri: si prende un batterio, si aggiusta qualcosa nel suo DNA, e via. Quello che è insolito e che risulta interessante è la coordinazione: tanti batteri, milioni di batteri, collocati in apposite celle, messi in condizione di collaborare (loro malgrado) per fornire un risultato apprezzabile. In questo caso, una scritta luminosa che riprende il logo e l’acronimo “University of California San Diego” (UCSD) dell’omonimo ateneo in cui si è svolta la ricerca .
Analogamente a quanto accade con gli schermi tradizionali, che sono costruiti con qualche milione di pixel organizzati in matrici che vengono controllate da un computer o da qualunque altra sorgente in grado di pilotarli, anche i ricercatori statunitensi hanno scelto di sfruttare un approccio simile per le loro luci batteriche: i microrganismi vengono posti in appositi recinti che delimitano la forma dei signoli punti di emissione luminosa, chimati col suggestivo nome di “biopixel”, e vengono controllati tramite alcuni canali nei quali fluisce un liquido in grado di attivare specifiche reazioni chmiche che spigono i batteri a comportarsi nello stesso modo allo stesso tempo.
I batteri, precedentemente modificati per abbinarli a una proteina fluorescente, vengono così “sincronizzati” per aumentare o diminuire la propria luminosità. I tempi di risposta non sono certo nell’ordine dei millisecondi, ma lo scopo della invenzione non è certo quella di rimpiazzare gli schermi dei portatili. Piuttosto, vista la capacità dei batteri di reagire nel tempo a determinate concentrazioni di una sostanza, uno schermo biologico potrebbe essere utile per tenere sotto controllo la presenza di un agente chimico in un ambiente , ovvero per realizzare un rivelatore dello stesso. In questo modo, oltre a una scenografica scritta sui toni del blu, il team californiano ha realizzato un rivelatore di arsenico: i batteri registrano la sostanza e avvisano tramite feedback ottico della presenza del veleno, potenzialemente pulsando più o meno frequentemente a seconda della concentrazione dell’arsenico stesso (o sostanza equivalente).
Al momento lo schermo più grande realizzato conta appena 13mila biopixel. Ne sono stati realizzati anche di più piccoli, ma al momento sono poco più di una ricerca priva di un’applicazione immediata. Nel futuro , magari, i batteri fluorescenti potranno trasformarsi anche in un elemento modaiolo o illuminare intere città.
Luca Annunziata