La gestione di un blog potrebbe presto comparire nelle prescrizioni degli analisti: è uno strumento catartico , consente di dare sfogo alle proprie emozioni e incanalarle in un circuito relazionale, per sentirsi bene con se stessi e con gli altri.
Bloggare fa bene, tempra lo spirito, allevia lo stress e sviluppa le capacità di interagire : a rivelarlo sono due studi condotti da James Baker e Susan Moore, ricercatori australiani della Swinburne University of Technology .
Due le fasi dell’indagine che hanno posto le basi per dimostrare che il blog potrebbe rivelarsi una fruttuosa terapia . Nel corso del 2006 i due ricercatori hanno intervistato 134 nuovi utenti MySpace australiani, statunitensi e britannici: hanno chiesto loro se fossero interessati a gestire un blog e hanno associato questa intenzione al profilo psicologico di ciascuno. Dei 134 intervistati, scrivono i due studiosi in un articolo pubblicato sul CyberPsychology & Behaviour journal , 84 meditavano di iniziare a postare in un blog, mentre 50 si sono dichiarati indifferenti alla malia del diario personale da esporre al giudizio dei netizen.
Coloro che si proponevano di gestire un blog, sottoposti a test per valutarne la condizione psicologica, si sono dimostrati più inclini alla depressione e bisognosi di sfogare le proprie sensazioni, facili ad abbandonarsi allo stress , insoddisfatti della propria vita di relazione, nella quale sembrano non trovare persone disposte ad ascoltare e a discutere delle emozioni che animano il quotidiano. “Sembra che questa categoria del campione si dica mi sfogherò in un blog e il blog mi aiuterà a risolvere questi problemi “: così Moore descrive l’atteggiamento di coloro che meditano di iniziare a postare.
Su questo atteggiamento di fiducia nel blogging si innesta il follow up previsto dai due ricercatori. A due mesi dalla prima intervista, Moore e Baker hanno ricontattato coloro che credevano nelle potenzialità taumaturgiche del blog: hanno risposto 59 blogger appassionati e entusiasti. Hanno spiegato di sentirsi meglio integrati in una rete di relazioni , soddisfatti delle proprie amicizie , meno tesi e carichi di una solida autostima.
I numeri sono ancora ridotti e incoraggiano la ricerca su scala più ampia, ma i ricercatori si sentono pronti a tracciare un parallelo tra il blog e il diario personale. Entrambi sono strumenti utili a razionalizzare i flussi di pensieri e ad affinare le capacità di pianificazione, consentono di riordinare quanto scorre nella mente , costringono l’autore ad organizzare flussi di coscienza per se stesso e per il pubblico al quale si espone. Proprio gli strumenti di interazione offerti dal blog costituirebbero il potenziale più dirompente: il feedback restituito dai commentatori, le citazioni da parte degli altri blogger danno a chi posta la sensazione di essere ascoltati , di poter tornare a fidarsi degli altri.
Ma la capacità di sollevare il morale dei netizen non è solo appannaggio dei blog: i due ricercatori hanno intervistato di nuovo gli utenti di MySpace che avevano dichiarato di accontentarsi di un profilo sul social network e di non voler iniziare a gestire diari online. Anche in questo frangente i netizen si sono mostrati più sereni e vivaci: “Forse – suppone Moore – sono semplicemente riusciti a stabilire più relazioni”.
Gaia Bottà