Brasilia (Brasile) – La burocrazia brasiliana, un enorme apparato che si occupa di uno dei più grandi paesi del mondo, subirà un innesto progressivo di software libero: questo è quanto ha deciso l’amministrazione del presidente Luiz Inacio Lula da Silva.
Il governo brasiliano ha messo a punto delle linee guida che dovranno ispirare le pubbliche amministrazioni, le università e le aziende di stato, tutti ambienti nei quali, secondo gli esperti consultati dal Governo, l’introduzione del software aperto può portare considerevoli vantaggi in termini di risparmio.
I progetti del Governo non sono quelli di rimpiazzare i sistemi proprietari quanto, invece, agevolare la possibilità di scegliere le alternative open. In questo senso, per esempio, il settore pubblico potrà acquistare nuovi computer soltanto se su di essi non vi è pre-caricato un sistema operativo piuttosto che un altro. Allo stesso modo, le agenzie governative non dovranno necessariamente passare a Linux ma verrà loro chiesto di determinare in quali settori di attività l’introduzione di Linux e di software aperto potrebbe essere compiuta e con quali possibili risultati.
La divisione locale di Microsoft, interpellata dai giornalisti, ha sottolineato la continua crescita nelle vendite delle piattaforme sviluppate dall’azienda e ha dichiarato di non ritenere che le novità introdotte dal Governo porteranno a cambiamenti significativi del mercato in tempi rapidi. Secondo Ricardo Sigaudo, direttore dell’integrazione dei sistemi presso il ministero della Pianificazione brasiliano, passare a Linux richiederà molto tempo. “Si potrebbe – ha affermato – raggiungere forse l’80 per cento delle agenzie governative entro tre anni”. Secondo Emilio Umeoka, direttore generale di Microsoft Brazil , “ci sono studi che dimostrano come il total cost of ownership e la manutenzione delle tecnologie Microsoft possono essere più economiche del 16 per cento rispetto a Linux”. L’azienda, come tutti i produttori di software proprietario, potrà poi reagire alla mossa con operazioni di sconto sulle licenze e altre formule di mercato per continuare a spingere i propri prodotti.
In realtà la novità si deve, secondo gli analisti, ad una semplice osservazione della bilancia commerciale in materia di software. Per il 2001, infatti, Softex (la società brasiliana per la promozione del software di qualità) ha calcolato in più di un miliardo di dollari la differenza tra il valore del software importato rispetto a quello esportato. E secondo i responsabili governativi, il Brasile ogni anno spende l’equivalente di circa 25 milioni di euro in licenze sul software. Cifre troppo elevate per un governo, come quello di Lula, tutto teso a contenere la spesa pubblica.
Tra i massimi sostenitori locali dell’open source c’è l’influente Istituto nazionale di tecnologie dell’informazione (ITI), un ente che ha già avviato sperimentazioni e analisi per capire in quali campi applicativi Linux e soci potrebbero dare il meglio di sé. L’idea degli esperti è che l’uso del software aperto potrà consentire al Brasile di far giungere più rapidamente il computing e le tecnologie informatiche, per esempio attraverso le scuole, anche a quelle classi di persone che fino ad oggi sono state escluse dalla rivoluzione digitale.