Cala o non cala? Il DRM sta colpendo persino il maggiore negozio shop multimediale online, iTunes Music Store ? La pubblicazione su The Register di una rilevazione di Forrester Research sta scatenando un dibattito mondiale in rete. Il motivo sta nel fatto che, secondo Forrester, le vendite del negozio Apple sarebbero calate drasticamente nell’ultimo anno . Un dato che molti hanno persino interpretato come il segno del collasso dello store.
Forrester non si è avvalsa di numeri ufficiali Apple, ma ha indagato su un campione di utenti negli Stati Uniti e sulle loro transazioni con iTunes degli ultimi 27 mesi . Scoprendo che dopo un lungo periodo di forti vendite, dallo scorso gennaio ad oggi le entrate mensili di iTunes si sono contratte del 65 per cento. Le singole transazioni, poi, sono scese per volume del 17 per cento. E non sono dati che riguardano solo iTunes: vengono citate le cifre di Nielsen Soundscan , misuratore delle vendite di musica, anche online, in NordAmerica, cifre che dimostrano un calo diffuso su molti jukebox negli ultimi tre trimestri.
Ma iTunes non è un qualsiasi jukebox, è la sponda online del celeberrimo player multimediale iPod , le cui vendite crescono a ritmi vertiginosi: nei 27 mesi indagati da Forrester, le vendite del player sono aumentate di quattro volte , confermando la leadership del mercato per Apple e il forte appeal del proprio dispositivo. Perché questa “distanza” tra player e store? “Gli iPod – ha dichiarato uno dei principali analisti di Forrester, Josh Bernoff – non generano decine e decine di transazioni ad ogni trimestre. Gli utenti comprano un certo numero di canzoni e poi smettono di farlo”.
Un dato che il New York Times interpreta come un grosso segnale di novità perché, scrive, si è sempre ritenuto che il numero di brani venduti su iTunes fosse superiore di 20-22 volte il numero complessivo di iPod venduti, una ratio che con i dati Forrester scende drasticamente. Una interpretazione errata secondo Ars Technica , che se la prende con il quotidiano newyorkese perché poggia le sue tesi su un dato parziale. Una informazione, quella sulla ratio , spiega Ars , che non vuol dire nulla, considerando i molti diversi usi di iPod, il fatto che molti nuclei familiari condividano la stessa musica ma posseggano più di un iPod o che gli utenti reperiscano musica da molte fonti, altre rispetto ad iTunes.
Secondo Bernoff, autore del rapporto, “sin dal momento dell’introduzione di iTunes Music Store, Apple ha venduto mediamente solo 20 tracce per ogni iPod venduto, il che suggerisce che anche a 0,99 dollari a brano, molti consumatori ancora non siano convinti del valore della musica digitale”. Il che porta Apple a gestire uno store che a breve potrebbe andare in rosso e diventare non profittevole . Tesi bocciate da diversi blogger, secondo cui ritenere che vi sia davvero un calo nelle vendite di iTunes significa non saper fare i conti: “iTunes è il quarto maggiore rivenditore di qualsiasi settore e vende ogni giorno quasi tre milioni di brani. Senza contare le entrate dalla vendite di film o show televisivi, che valgono milioni di dollari ogni anno. Se questo è un collasso non so cosa questi autori (Barnoff, ndr.) considerino un successo”.
“Se ti dicessi che solo il 3 per cento delle famiglie statunitensi ha comprato musica da iTunes nell’ultimo anno mi crederesti?”, si chiede Blogginstocks , suggerendo che gli iPod pieni di musica non sono evidentemente colmi di brani iTunes ma di brani che gli utenti si procurano in altro modo, ad esempio dalle piattaforme peer-to-peer . Una visione contestata da MacUser , secondo cui il grosso della musica caricata sugli iPod arriverebbe dai CD posseduti dagli utenti.
In verità il dato più interessante che sembra emergere da questo dibattito lo mette sul tavolo proprio Forrester, ed è il ruolo del DRM , ossia delle tecnologie anticopia, quelle che proteggono i brani venduti dai jukebox legali ma delle quali non v’è traccia nei più gettonati ambienti peer-to-peer. Dati alla mano, Barnoff spiega che “le vendite di iTunes non riducono quelle di CD”. Però negli ultimi cinque anni le vendite di CD sono scese del 20 per cento. “Il messaggio qui – spiega Barnoff – non è che le vendite di CD stiano aumentando (come effetto del calo dei jukebox, ndr.) ma che ottenere musica pirata è pratica così diffusa che il DRM sembra ai consumatori più un problema che un vantaggio”. Una dichiarazione che non sorprende se si pensa che studiosi del settore, come Ed Felten di Princeton, da anni dichiarano che il DRM può avere successo solo se si ingannano i consumatori nel ritenerlo uno strumento utile a loro. E che proprio per questo sono molte le campagne antiDRM attualmente in corso.
Non è un caso dunque se, dopo la pubblicazione dello studio Forrester, molti blogger si chiedano : “Potrebbe essere possibile che il consumatore medio sta finalmente comprendendo che la musica al DRM fa male? Sembra essere l’unica spiegazione logica (di quanto sta avvenendo)”. Come a dire, cioè, che se il P2P continua a crescere , se i CD vendono meno e se i jukebox tirano il fiato, allora non solo i prezzi dei brani quanto proprio la tecnologia anticopia degli store ufficiali è giunta al capolinea .
Per quanto riguarda Apple, che fa persino fatica a contare i sesterzi che piovono in tutto il Mondo dai milioni di acquirenti di iPod, qualcuno dice che Tutto è impermanente, anche Steve Jobs , altri sottolineano che le difficoltà dei jukebox, da iTunes in giù, impatteranno anche sui rapporti tra questi e le major che concedono loro in licenza i propri cataloghi musicali.