La sentenza del caso Telecom emessa dal Tribunale di Roma non sembrava poter prestare il fianco a differenti interpretazioni. Eppure, alle prime impressioni degli osservatori hanno idealmente risposto i comunicati stampa di SIAE e FAPAV , che sembrano offrire un punto di vista opposto e un’interpretazione della decisione del giudice “innovativa”.
SIAE sottolinea che il giudice “ha ordinando a Telecom Italia di comunicare alla Procura della Repubblica ed al Ministero delle Comunicazioni tutte le informazioni ricevute da FAPAV relative alle violazioni a mezzo web dei diritti d’autore su opere cinematografiche. Tali informazioni devono essere corredate dei dati in possesso di Telecom, diversi da quelli identificativi dei destinatari del servizio”. E questo sarebbe, secondo SIAE, importante per Internet e il diritto d’autore , addirittura innovativo dal momento che stabilisce che nel caso in cui “viene a conoscenza di attività illecite a danno degli autori, il prestatore dei servizi Internet (ISP) ha l’obbligo di informare senza indugio l’Autorità Giudiziaria o Amministrativa di Vigilanza, affinché possano essere attivati gli ulteriori obblighi di protezione ad essi spettanti”.
Sulla stessa linea, nei giorni scorsi, FAPAV , che esprime il suo apprezzamento per la sentenza e si rallegra del “fatto che il Tribunale di Roma ha incontestabilmente riconosciuto che l’attività di downloading e/o streaming non autorizzato costituisca un reato”, e che afferma che la disposizione sancirebbe “il principio secondo cui i fornitori di accesso a Internet (come Telecom Italia) sono tenuti a cooperare in tale direzione senza nascondersi dietro schermi di pretesa non responsabilità e, peggio, dietro una malintesa protezione della privacy”.
L’apprezzamento e i comunicati che accolgono come un successo la conclusione del caso Telecom-Fapav hanno preso in contropiede gli osservatori, tra cui Marco Pierani di Altroconsumo , che leggendo la sentenza del giudice non avevano certo pensato ad un successo di FAPAV (e di SIAE che ne aveva appoggiato le istanze), le cui richieste sono state respinte (dichiarate addirittura inammissibili nella misura in cui volevano imporre responsabilità maggiori agli intermediari) tranne (parzialmente) per quanto riguarda una di esse: per cui tuttavia il giudice sembra essersi semplicemente limitato a ribadire il principio espresso nell’art. 17 del D.lgs. 70/2003 in materia di commercio elettronico e responsabilità degli intermediari, ma che viene sottolineato nel comunicato SIAE come “innovativo”.
L’unica mancanza riscontrata nei confronti di Telecom è l’aver omesso di “trasmettere all’Autorità giudiziaria ed amministrativa le informazioni ottenute attraverso la diffida di FAPAV corredate dei dati in possesso di Telecom Italia s.p.a., diversi dai dati identificativi dei destinatari del servizio, che possano eventualmente essere utili, ad integrare le notizie contenute nella diffida”.
SIAE e FAPAV, dunque, sembrano voler andare oltre il senso di una sentenza che di per sè non sembrava rappresentare una vittoria, che ha rifiutato le loro istanze più rilevanti limitandosi a ribadire la disciplina vigente che riconosce obblighi di collaborazione per gli intermediari, e che ribadisce, apparentemente in contrasto di quanto affermato nel comunicato FAPAV, la tutela della privacy : il giudice ha potuto giudicare non illeciti i dati portati da FAPAV a Telecom solo perché aggregati ed epurati di informazioni riconducibili a singoli utenti (indirizzi IP oscurati in alcune loro cifre). Tuttavia a tal proposito c’è da notare che il Garante per la Privacy non ha ancora ultimato le proprie verifiche nell’ambito del procedimento, avviato anche a seguito della segnalazione di Altroconsumo .
Claudio Tamburrino