Roma – Un computer ultraveloce, capace di prestazioni che oggi sono ipotizzabili soltanto su carta: questo l’obiettivo della ricerca sul “quantum computing”, che promette di aprire nuove frontiere al progresso scientifico. E per la prima volta una società finanziaria di Silicon Valley ha deciso di investire in questa ricerca, considerata finora con tanto interesse quanto con poca fiducia nella possibilità di ottenere davvero un computer quantico in tempi non… geologici.
Tra i laboratori che stanno lavorando su questa difficile strada c’è la D-Wave Systems canadese che sul proprio sito afferma addirittura : “La nostra missione principale è commercializzare sistemi computazionali quantistici”. Ed è proprio la D-Wave, fondata da uno scienziato che lavorò per l’ex Unione Sovietica, ad aver attirato l’interesse della Draper Fisher Jurvetson, ben nota società di investimenti della valle di silicio statunitense.
Sebbene non si sappia quanto venture capital sia finito in D-Wave, l’operazione non può che destare grande attenzione attorno alle ricerche della società canadese. Se mai questa riuscisse a raggiungere il suo obiettivo, infatti, si troverebbe in mano un risultato che rappresenterebbe una pietra miliare nella storia della tecnologia con pochissimi precedenti di tale importanza.
Ma perché questo investimento? D-Wave sostiene che, al contrario di altre ricerche, come quelle condotte da scienziati australiani , le proprie vanno nella direzione di un computer quantistico basato sui superconduttori (“superconducting quantum computer”). Si tratterebbe di un approccio innovativo deciso dal fondatore, Alexandre Zagoskin, che punterebbe sull’integrazione di tecnologie informatiche attuali con tecnologie quantistiche.
Secondo Geordie Rose, CEO di D-Wave, se l’obiettivo fosse raggiunto “un circuito piazzato sulla punta di uno spillo potrebbe contenere più memoria utile di tutta la memoria informatica mai costruita fino ad oggi”. E la speranza è di farcela addirittura in soli cinque anni.
A gettare acqua sul fuoco sono però i ricercatori di IBM. Tim Blair, scienziato del colosso americano, ha spiegato che D-Wave dal suo punto di vista “fornisce un contributo” ma “in termini di svolte nel costruire un computer quantistico, non abbiamo visto nulla da loro”.