Il contact tracing è stato utile e lo sarà ancora molto in futuro. Lo sarà, a maggior ragione, grazie al lavoro fatto sulle app ed alle tecnologie di tracciamento sperimentate in questi mesi. Ma prima di affrontare il discorso sgombriamo il campo da un equivoco: dimentichiamo temporaneamente Immuni. La questione Immuni è troppo complessa per poter essere affrontata senza oscurare quello che invece è un nuovo rilievo scientifico firmato da Marco Mancastroppa, Claudio Castellano, Alessandro Vezzani e Raffaella Burioni (sorella del virologo Roberto Burioni).
L’importanza e la natura del contact tracing
La ricerca, pubblicata su Nature a titolo “Stochastic sampling effects favor manual over digital contact tracing“, è un lavoro matematico che dimostra come la bontà del contact tracing sia qualcosa di irrinunciabile nelle battaglie alle pandemie. Per poter però comprendere appieno quali possano essere le potenzialità del tracciamento, occorre dividere il tracciamento manuale da quello automatico (tramite app) e considerare le due entità non come alternative, ma come opzioni complementari.
Perché questo è: un tracciamento dai risultati ottimizzati è un tracciamento condotto sia in manuale che in automatico, potendo così ricavare il meglio dalle due metodologie.
La ricerca sottolinea come il modello automatico sia di grande utilità per accelerare il tracciamento, consentendo di arrivare alla segnalazione di un contatto a rischio con tempi estremamente più rapidi e con modalità che già precedenti ricerche avevano evidenziato come complementari al tracciamento manuale. La discriminante nel giudizio è legata ad un parametro specifico: qualora si superino i 3 giorni di tempo per il completamento del tracciamento, si perde il controllo sull’epidemia, la quale proseguirà fuori controllo. Un contact tracing automatico basato su app deve avere pertanto capacità superiori rispetto alle potenzialità del contact tracing manuale, così da migliorarne le performance e facilitare il lavoro dell’uomo nell’analisi dei singoli cluster.
Ma c’è altro. Il tracciamento manuale consente anche di agire alla ricerca di utenti potenzialmente contagiosi, ma per qualche motivo non compresi nella community degli utenti coperti da tracciamento digitale. In assenza di tracciamento automatico, insomma, non si potrebbero scoprire dei “superspreader” asintomatici che, agendo come variabili impazzite, potrebbero continuare a muoversi ed a moltiplicare i focolai.
L’esperienza di questi mesi ha insegnato come al cospetto di un evento straordinario come quello di una pandemia occorre mettere in campo risorse straordinarie. Tra queste c’è anche il tracciamento digitale, fin qui ottenuto generalmente tramite la piattaforma Apple/Google su cui è stato sviluppato anche Immuni. Resta però ancor molto da fare, anche e soprattutto in termini di integrazione tra le due metodologie al fine di raggiungere la maggior capillarità possibile, la miglior efficienza potenziale e tutto ciò in tempi quanto più rapidi.
I problemi di Immuni sono noti e saranno scritti in una pagina che fa ormai parte del passato. Ma archiviare questa esperienza senza lasciar adeguatamente maturare il contact tracing sarebbe un grave errore. Si riparta dai numeri e dalla statistica, perché ci dicono qualcosa di importante: la lotta alla pandemia va combattuta con uomo e macchina fianco a fianco, esplorando ogni potenzialità per arricchirci di strumenti utili ad evitare nuovi “2020” negli anni a venire.