Non è possibile impugnare il diritto d’autore per falcidiare la libertà di esprimersi e di criticare, non è previsto che si possa erodere l’istituto dell’uso legittimo per mettere a tacere chi si trova in disaccordo. A stabilirlo è un tribunale distrettuale della California.
La vicenda è divampata nello scorso anno. Il protagonista indiscusso è tale Michael Savage, pseudonimo di un commentatore radiofonico statunitense. Le fiammate nazionaliste trasmesse nella puntata di The Savage Nation del 29 ottobre avevano acceso l’interesse del Council on American-Islamic Relations ( CAIR ). Savage gridava alla deportazione dei cittadini di religione musulmana, definiva il Corano un “libro dell’odio”, sezionava la realtà con l’accetta e la coloriva di trivialità. La trasmissione aveva colpito nel vivo il CAIR: l’organizzazione aveva postato sul proprio sito un estratto di 4 dei 120 minuti della trasmissione, lo aveva commentato e ne aveva criticato toni e contenuti .
È stata un’ operazione pienamente legittima quella che ha rinfocolato il fervore di Savage: nel giro di due mesi il commentatore ha architettato una denuncia nei confronti del CAIR. Ha ordito la propria strategia accusatoria intessendo la legge sul diritto d’autore e gli attacchi ideologici, ha accusato il CAIR di aver snaturato l’estratto dal contesto con il solo scopo di mettere in cattiva luce Savage. Ha sostenuto che lo stralcio di trasmissione postato sul sito violasse il copyright . Una accusa quantificata in un milione di dollari di mancati introiti derivabili dalla raccolta pubblicitaria, mancati introiti che, a parere di Savage, si sarebbero invece riversati nelle casse del CAIR per finanziare una campagna di disinformazione per fomentare organizzazioni terroristiche.
Electronic Frontier Foundation si è affiancata al CAIR per rispondere alle accuse. Le teorie della cospirazione orchestrate da Savage sono state liquidate in breve: CAIR e i legali di EFF si sono concentrati nel dimostrare che le leggi che regolano il copyright non possono essere piegate per soffocare il diritto alla critica e al commento .
Il giudice Susan Illston ha dato ragione a CAIR: l’istituto del fair use protegge innanzitutto coloro che intendano esprimere la propria opinione riguardo a contenuti espressi da altri. “Commentare le dichiarazioni di Savage senza farvi riferimento o citarle – ha stabilito il giudice – non solo avrebbe reso meno affidabile la critica del CAIR, ma sarebbe stato ingiusto nei confronti di Savage”. Savage inoltre, ha ricordato Illston, non è stato in grado di dimostrare di aver subito alcun danno economico correlato alla pubblicazione dell’estratto sul sito web di CAIR: la trasmissione radiofonica del 29 ottobre rimane un unicum, dal quale Savage ha già tratto vantaggio.
Per quanto riguarda la potenziale diffidenza degli inserzionisti scatenata dalla critica di CAIR nei confronti delle trasmissioni future, Savage non ha diritto di rivendicare alcunché, tantomeno il proprio diritto ad esprimersi: non è possibile abdicare al diritto al fair use e al diritto di critica per tutelare una reputazione.
EFF plaude alla decisione del giudice. Complice forse la disinvoltura con cui nel contesto della rete vengono stiracchiate le leggi sul diritto d’autore, non è la prima occasione in cui la disciplina del copyright viene piegata per violare la libertà di espressione, non è la prima volta che violazioni del fair use vengono sbandierate per soffocare non solo la creatività, ma anche i diritti a sostenere un’opinione. Nonostante il tribunale si sia espresso senza esitazioni, Savage medita di passare al contrattacco : il commentatore ha aperto la campagna di raccolta fondi per sostenere le spese del prossimo processo al grido di “proteggi la libertà di espressione”.
Gaia Bottà