Si chiama Open Compute Project ed è probabilmente l’iniziativa più “open” della storia di Facebook: il social network più frequentato della rete ha deciso di condividere con il pubblico le specifiche del suo data center “privato” , nella speranza che tali informazioni servano ad aumentare l’efficienza di questo genere di strutture – da sempre affamate di energia, hardware e liquido refrigerante.
Nato nel 2009 dalla necessità di risparmiare sui costi e incrementare l’efficienza di utilizzo della capacità computazionale delle CPU, il data center ha permesso a Facebook di affrancarsi dai contratti di leasing di strutture esterne utilizzati nei 7 anni precedenti fornendo nel contempo una maggiore flessibilità a un costo ridotto.
Con il suo design di data center personalizzato, Facebook è riuscito a migliorare l’efficienza dei server del 38 per cento e ridurre i costi del 24 per cento , affrontando nel contempo la crescita esponenziale di utenti e servendo al mezzo miliardo abbondante di “amici” registrati sulla piattaforma 18mila commenti al secondo , gli update di stato, i video, le email e tutto il resto.
Open Compute Project rivela le caratteristiche esclusive proprie del data center di Facebook: un sistema innovativo di fornitura energetica permette di avere tempi di uptime pari al 99,9999% del totale; il sistema di refrigerazione dei server è basato interamente sull’aria esterna, guidata attraverso un sistema di ventilazione che non prevede condutture o aria condizionata; una maggior altezza dei server permette l’impiego di elementi refrigeranti di maggiori dimensioni, più facili da sostituire estraendoli dai rack.
Alfonso Maruccia