L’articolo 13 della bozza del decreto sviluppo sembra volersi occupare degli spazi lasciati vuoti dell’abolizione del decreto Pisanu: con la modifica intitolata “Semplificazioni procedure di identificazione e registrazione utenti per l’accesso ad Internet” va a modificare quella normativa che attualmente impone l’identificazione attraverso documento di identità dei titolari di schede SIM e la conservazione, a norma di legge, dei relativi dati di traffico. E lo fa prevedendo, come nel caso della WiFi, misure di identificazione alternativi ai documenti cartacei.
Dopo l’art. 6, comma 2 della legge 31 luglio 2005, n. 155, la norma aggiunge un comma: “2bis. Anche in deroga a quanto previsto dal comma 2, gli utenti che attivano schede elettroniche (S.I.M.) abilitate al solo traffico telematico ovvero che utilizzano postazioni pubbliche non vigilate per comunicazioni telematiche o punti di accesso ad Internet utilizzando tecnologia senza fili possono essere identificati e registrati anche in via indiretta, attraverso sistemi di riconoscimento via SMS e carte di pagamento nominative. Con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, possono essere previste misure di maggior dettaglio e ulteriori procedure semplificate anche negli altri casi previsti dal comma 2”.
Tale disposizione, in pratica, dovrebbe chiarire cosa segue all’ abolizione del decreto Pisanu : il maxi-decreto di fine anno ha specificato che gli obblighi previsti restano per chi fornisce connessione wireless come prodotto esclusivo della propria impresa e ha abrogato le norme che costringevano esercenti e cittadini a girare con fotocopie di carte di identità e a rivolgersi alla questura. La normativa sembrava, infatti, lasciare gli obblighi previsti dalla licenza generale di operatore di telecomunicazioni (soprattutto quando offrono connessioni mobile) e mancava di specificare la presenza o meno di diverse forme di identificazione.
L’ultima norma, si legge ora, mira “a rimuovere nei servizi internet l’asimmetria regolamentare tra utilizzatori (i quali possono muoversi nella rete in modo anonimo) e i gestori. I gestori infatti sono obbligati a identificare ed acquisire informazioni dell’utenza avendo elevati oneri economici per la registrazione e l’archiviazione di tali informazioni”.
Nelle motivazioni stesse del decreto si legge ora che tali nuove previsioni sono necessarie proprio perché con l’abrogazione dell’art. 7 della legge n. 155/2005 sono “venuti meno gli obblighi posti in capo ai gestori di punti di accesso internet e di hot spot wifi. Ciò ha rappresentato senza dubbio una facilitazione per l’utilizzo di internet, a beneficio della collettività. D’altra parte, tale innovazione ha generato, da un lato, una rilevante asimmetria regolamentare a sfavore dei gestori che, utilizzando una diversa tecnologia (e segnatamente quella mobile) sono tutt’ora obbligati a identificare ed acquisire informazioni dell’utenza prima di attivare il servizio, a fronte di elevati oneri economici necessari per la registrazione e l’archiviazione di tali informazioni; dall’altro, tale asimmetria si riverbera anche in termini di sicurezza e prevenzione dei reati, poiché chi oggi utilizza postazioni pubbliche non vigilate o punti di accesso ad Internet tramite WiFi potrebbe farlo senza essere identificato, e dunque in completo anonimato”.
Da un lato, dunque, la norma in discussione in Parlamento rappresenta l’accoglimento delle paure degli operatori telefonici che temono che la diffusione del WiFi libero e pubblico possa essere a detrimento del loro mercato, che attualmente prevede per gli utenti maggiori obblighi (tutti, peraltro, richiesti sempre in nome della sicurezza su cui le telco stesse spingevano per il mantenimento di tali obblighi per l’accesso via WiFi).
D’altro lato, la misura preoccupa il passaggio che estende tale procedura di identificazione alle postazioni pubbliche “non vigilate per comunicazioni telematiche o punti di accesso ad Internet”: come promesso dal ministro Maroni, insomma, arrivano le misure alternative di identificazione degli utenti che effettuano l’accesso.
Claudio Tamburrino