Roma – Il ministro Stanca l’ha già soprannominato “Magna Charta dell’amministrazione digitale”. Ed in effetti, già ad una prima lettura, si può scorgere qualcosa di più di una norma di informatizzazione. Il decreto, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri l’11 novembre 2004, ora al vaglio delle Commissioni della Camera, sembra costituire la vera svolta per l’individuazione dei cardini della attività amministrativa in forma elettronica .
La disposizione che più di tutte manifesta l’intento programmatico ed informatore di questo nuovo Codice è senza dubbio l’art. 3, che merita di essere qui riportato per intero: “I cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei rapporti con le pubbliche amministrazioni centrali e con i gestori di pubblici servizi statali nei limiti di quanto previsto nel presente decreto”. Il Ministro Stanca ha così voluto definire un nuovo diritto soggettivo, definito in rubrica diritto all’uso delle tecnologie . Una previsione dirompente, che indirettamente istituisce un vero e proprio controllo giurisdizionale sull’uso del ICT da parte delle amministrazioni.
Il Codice prende, inoltre, posizione con riguardo al problema della ripartizione di competenze legislative in materia tra Stato, Regioni ed Enti Locali, allontanandosi tuttavia dalle posizioni recentemente adottate dalla giurisprudenza costituzionale. Esso contiene una interpretazione della espressione “coordinamento informatico” ex art. 117, co. 2, lett. r) della Cost. che sembrerebbe restrittiva, in quanto attribuisce allo Stato il compito di garantire sicurezza e interoperabilità dei sistemi informatici, al precipuo fine di una completa ed efficiente circolazione e scambio dei dati.
Ma la più grande rivoluzione, forse quella che avrà maggiore impatto nelle aule dei Tribunali amministrativi regionali, è senz’altro l’organica informatizzazione del procedimento amministrativo . In tal senso deve leggersi l’art. 37, il primo articolo del Capo III, dedicato appunto alla gestione informatica del procedimento amministrativo: “le pubbliche amministrazioni gestiscono i procedimenti amministrativi utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ai sensi del presente decreto.”
Si impone alle amministrazioni pubbliche la tenuta dei fascicoli informatici, in cui confluiranno tutti gli atti e documenti del procedimento da chiunque formati (art. 37, co. 2), e la partecipazione informatica al procedimento amministrativo (art. 4). Lo stesso procedimento diventa elettronico in quanto il decreto prevede l’utilizzo dell’ICT proprio per quegli istituti previsti dalle 241/90, che da 14 anni costituiscono strumento imprescindibile di amministrazione partecipata e trasparente: comunicazione dell’avvio del procedimento (art. 37, co. 2), visione dei documenti, deposito memorie e documenti, accesso (art. 55), conferenza dei servizi.
E ancora, la posta elettronica certificata (art. 6), che assurge a “strada virtuale maestra” per ogni scambio di documenti ed informazioni nella attività esterna delle amministrazioni centrali. E ciò trova conferma nel fatto che l’art. 1, contiene una definizione del tutto nuova, non precedentemente prevista dal Dpr 445/2000: è indirizzo elettronico “una casella di posta elettronica idonea ad identificare una struttura tecnologica in grado di trasmettere, ricevere e mantenere a disposizione messaggi di posta elettronica” . Il Codice, peraltro, richiama proprio il dPR sulle “disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata”, il 13 ottobre scorso accolto con parere favorevole dalla 1a Commissione Affari Costituzionali del Senato, confermandone quella primaria importanza che già qualche esperto del settore nello scorso inverno gli attribuiva nell’ambito del processo di digitalizzazione della PA.
Il sistema di gestione informatica dei documenti ricalca le disposizioni del TU sulla documentazione amministrativa, tranne che per la parte relativa alla trasmissione informatica dei documenti , fase che cambia radicalmente, e proprio attorno alla posta elettronica certificata.
Il vecchio art. 14, Dpr 445/2000 non è più neanche rubricato “trasmissione del documento informatico”, bensì “posta elettronica certificata” (art. 51).
Inoltre soltanto le comunicazioni mediante posta elettronica certificata vengono equiparate alla notifica a mezzo posta, a differenza del TUDA che operava tale equipollenza in presenza di non meglio specificate modalità di trasmissione che avrebbero dovuto assicurarne la consegna.
Infine, non vi è più un’unica presunzione (di conoscibilità) che si forma quando il messaggio è trasmesso all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario, ma due presunzioni (di invio e di consegna) che si formano rispettivamente quando il messaggio elettronico viene trasmesso, e quando risulta essere disponibile all’indirizzo elettronico del destinatario.
Il Codice della Amministrazione Digitale, in definitiva, rilegge le disposizioni legislative preesistenti in materia, le riorganizza e le rafforza, in un’ottica nuova e più consapevole, con il chiaro intento di dare organicità e sistematicità ad una materia a cui ancora non era stata riconosciuta una identità propria. Ci troviamo di fronte alla nascita di una legislazione specifica in materia di diritto amministrativo e nuove tecnologie , di una serie di norme “cardine”, programmatiche e di principio, che costituiscono – e costituiranno – le fondamenta di ogni modifica o innovazione. In altri termini, ecco i principi generali per un diritto amministrativo dell’informatica .
Carmelo Giurdanella ed Elio Guarnaccia
Avvocati, Studio Legale Giurdanella e Associati – www.giurdanella.it