Re-al-te-ra-ta , s.f. (pl. te)
Chi ha avuto occasione di fare quattro chiacchiere con Cassandra ha già ascoltato queste estrapolazioni, anzi forse meglio “elucubrazioni”. Non è arrivato però alla sintesi finale.
In effetti, se come suggerito anche in queste pagine ha visto e meditato il video di Keiichi Matsuda sulla realtà aumentata, potrebbe essersi avventurato in due assai diverse direzioni di ragionamento.
La prima direzione: i rischi di una società troppo informatizzata, in cui una persona è distratta da una “realtà aumentata” in cui arriva a cader vittima di criminali comuni (perché non più classificabili come cyber-criminali), e subisce un furto di identità, eseguito con “destrezza”, in barba alla biometria ed alla sicurezza. Molto significativo, ma si può far di più…
La seconda direzione, meno evidente ma più importante: che la realtà aumentata, anzi “alterata” di una persona sarà ovviamente diversa da quella di un’altra, e che addirittura non c’è motivo di considerare più o meno reale una delle due. Ma di più, in un mondo dove molti vivessero in realtà alterate, avrebbe ancora senso parlare di “realtà”?
Viene da dubitarne.
“Ma via Cassandra – diranno in coro i 24 intonatissimi lettori – non farla lunga per un video in cui si sovrappone semplicemente un po’ di computergrafica alla realtà”.
No, non si tratta solo di ingannare gli occhi.
In questo caso per sfuggire alla realtà aumentata e tornare in quella “normale” basterebbe chiudere gli occhi e procedere a tastoni.
Non è così semplice, perché l’overlay di grafica interattiva sempre più perfetto ed immersivo, anche quando condito con un audio sintetico, che permette alterazioni di suoni e direzioni, fornisce una quasi perfetta sensazione di immersività, in cui però non si può interagire con il mondo “materiale”. In parole povere, anche con la migliore realtà virtuale od aumentata, si resta sempre “spettatori”.
Posso vedermi imbracciare un fucile od aprire una porta girando la maniglia, ma le sensazioni tattili e propriocettive sono totalmente assenti. Non potrò mai sentire il peso ed il rinculo del BFG9000, o avvertire il cedimento della maniglia alla pressione della mia mano, e tanto meno gli effetti inerziali dei miei movimenti e la posizione degli arti. L’unico modo per sopperire alla mancanza della parte “tattile” è far agire le persone su un “palcoscenico” reale dotato di oggetti, anche grossolani, corrispondenti allo scenario virtuale in cui è immerso il partecipante.
In un tal palcoscenico di 10 metri ci saranno, ad esempio, una sedia di legno e un piedistallo di truciolare con sopra una corona di plastica. Che vincolo però dover avere un palcoscenico particolare, per quanto fatto di truciolare, per ogni scenario di realtà virtuale od aumentata. Che dire della sua grandezza e complessità?
Che il partecipante vedrà invece una immensa sala del trono, con i due scranni del re e della regina, e con tre piedistalli di quercia, mogano e ulivo con sopra tre corone di argento, oro e diamanti, circondate da aure magiche e pulsanti.
Il tatto e l’orecchio interno non saranno quindi ingannati, ma completeranno l’immersione nella realtà virtuale, ed il partecipante sarà libero di incoronarsi, prendendo la corona d’oro dal piedistallo giusto e sedendosi sul trono che preferisce. Allora i bracieri arderanno più vivi, la porta della sala si aprirà e le guardie reali, con i leopardi alla catena, entreranno. Per l’odore di fiera e di legno bruciato non si può ancora far niente, ma prima o poi…
Beh, è qui che le tecniche di “redirected walking” (deviazione del cammino) ed altre simili che verranno, vengono in “aiuto”, alterando ulteriormente la poca realtà “materiale” appena introdotta. Sì, perché il palcoscenico potrà essere molto diverso da quanto percepito. Potrà essere più piccolo, i piedistalli non saranno tre ma uno solo, ed l’unico trono potrà sdoppiarsi, uno per il re ed uno per la regina.
Come è possibile? Semplicemente fornendo visioni sottilmente alterate dello scenario in funzione di quello che il partecipante sta facendo e di come si sta muovendo. Se guarda la corona d’oro, ad esempio, il suo cammino sarà impercettibilmente deviato dalla direzione iniziale verso l’unico piedistallo esistente, alterando la risposta visiva dello scenario. Uno scenario di una ventina di metri potrà diventare un universo infinito, come ben sa che si è perso in un bosco od in un deserto girando in tondo per mancanza di punti di riferimento.
Infatti se i punti di riferimento “barano”, il palcoscenico fisico può espandersi all’infinito, “trasformarsi” in mille modi diversi, ed anche essere abitato da più partecipanti contemporaneamente. Ecco che malgrado l’introduzione di una dose di realtà “reale” nella nostra realtà “alterata”, le possibilità di alterazione non diminuiscono, ma addirittura aumentano.
Sembra che quando più sensi entrano in gioco non aumenti solo il “realismo” dello scenario, ma assai di più aumentino le possibilità di manipolazione mentale che il partecipante può subire. E perciò la ragazza che farà la spesa con il suo carrello in un nuovo “supermercato aumentato” potrebbe essere deviata verso il magazzino nel retro, e laggiù vivere un’esperienza in una realtà virtuale da space opera per un po’, e poi essere fisicamente e visivamente riportata nel normale corridoio (sia pure “aumentato”) del supermercato e quindi in strada.
Come chiameremo questa realtà non “virtuale”, non “aumentata” ma “alterata” in maniera sempre più totale, impercettibile e convincente? Non per rubare il mestiere a Jaron Lanier l’inventore del termine “realtà virtuale”, ma Cassandra potrebbe riassumere queste tecniche di manipolazione della mente coniando, partendo dal freddo “realtà alterata” che dice tutto ma non affascina, un neologismo che potrebbe essere, appunto, “Realterata”.
Marco Calamari
Lo Slog (Static Blog) di Marco Calamari
L’archivio di Cassandra/ Scuola formazione e pensiero