Roma – Qualcosa di grottesco ha accompagnato l’iter parlamentare del decreto legge Urbani. Un provvedimento partito male, modificato in corsa e che si appresta proprio in queste ore ad essere approvato definitivamente dal Senato della Repubblica, ormai pronto ad avallare la nascita di un mostro . Grottesco, dicevo, perché la conversione del DL non ha più nulla a che vedere con il DL originale. In comune i due testi hanno solo il fatto di essere il risultato delle pressioni dell’industria e di essere entrambi figli di quelle servitù politiche che ben conosciamo ma che non per questo risultano meno disgustose.
La legge che il Senato sta per approvare estende il carcere a fattispecie di utilizzo della rete così diffuse da generare non solo e non tanto incertezza nel diritto quanto invece certezza dell’incapacità da parte di chi si è reso responsabile di questa normativa di comprendere cosa sia Internet, che è soltanto il motore delle trasformazioni più rilevanti degli ultimi dieci anni per l’Italia e non.
Le implicazioni del provvedimento, che i nostri rappresentanti in Parlamento non ritengono sufficienti a giustificare l’affondamento di questa legge, sono enormi . Si va dai pericoli per la libertà di distribuzione del software agli effetti sul mercato del broad band , dalla mortificazione della creatività alla criminalizzazione dell’utenza internet . Sono tutte dirette conseguenze di quanto il Senato sta per approvare in una formulazione identica a quella passata alla Camera .
Altre implicazioni sono le responsabilità politiche . Se il DL Urbani è stato approvato dal Consiglio dei Ministri era logico attendersi che alla Camera la maggioranza che quel Consiglio sostiene avrebbe avallato, come è stato, anche il provvedimento di conversione del DL. Ma alla Camera quel provvedimento è stato appoggiato anche dall’opposizione , che ha consentito senza colpo ferire l’approvazione di una legislazione di cui non si hanno precedenti in Europa. Una situazione che si sta ripetendo uguale al Senato dove, con l’unica eccezione dei Verdi, l’opposizione è pronta a digerire con imprevedibile (sorprendente?) sufficienza questa normativa che parla di internet, anche se vogliono tutti credere che parli di cinema.
Il clima grottesco che ha accompagnato l’intero iter del provvedimento grava su Palazzo Madama fino all’ultimo.
Tutte le parti in causa, persino lo stesso ministro Giuliano Urbani presente al Senato, si sono dette convinte che la normativa così com’è non vada bene e vada riformata (e in questo senso è stato approvato un ordine del giorno proposto dal verde Cortiana). Ma viviamo in un paese nel quale non è sufficiente che tutti siano d’accordo sul fatto che una proposta sia nata male, e cresciuta peggio, per impedire che divenga legge. Un paese di parolai pronti a mettere una mano sul fuoco per giurare di aver capito di averla fatta grossa e ad usare contestualmente l’altra mano per firmare un provvedimento che salverà pure il cinema, ma che certo boccia definitivamente la ragione.
Si può sperare che la frenetica raccolta di emendamenti da parte dei Verdi in queste ore sia sufficiente a bloccare il concretizzarsi di questo disegno? Si può. Speriamolo. Non resta molto altro da sperare.
dello stesso autore:
Urbani un merito ce l’ha
Nessuno fermi le Gogne elettroniche
L’onda lunga della biometria