Esistono sistemi DRM invocati dalle comunità, sistemi DRM studiati per assolvere alle esigenze di una società. La barriera eretta dai membri della comunità Warumungu per tutelare la propria eredità culturale ricalca la sovrastruttura sociale che da secoli si tramanda fra i membri di questa popolazione aborigena australiana: un sistema DRM culturale e scritto dalla popolazione protegge documenti e testimonianze, affinché ciascun gruppo di membri della comunità possa accedere solo ai contenuti che è concesso loro fruire.
Tutto ha origine con un archivio di fotografie, di video, di documenti e testimonianze cartacee raccolte nella zona nord dell’Australia in cui vive la comunità Warumungu. Per evitare che il patrimonio culturale della popolazione andasse perduto, i contenuti, negli scorsi anni, erano stati digitalizzati e restituiti alla comunità, perché potessero affiancare la tradizione orale nel consolidamento della cultura locale. Ma l’archivio non era stato ben recepito dalla popolazione: alcune immagini raffiguravano dei tabù, o dei luoghi sacri, venivano offerte indiscriminatamente a tutti i membri della comunità. A protestare erano gli stessi gruppi su cui pende l’interdizione alla visione delle immagini: distoglievano lo sguardo le famiglie che vedevano un parente defunto ritratto in una fotografia, si imbarazzavano i gruppi di uomini a cui si mostravano i rituali noti solo alla popolazione femminile, tramandati di madre in figlia da generazioni. L’archivio digitale che avrebbe dovuto consolidare la narrazione che si intesse da secoli nella comunità, attentava alle norme sociali condivise.
A risolvere il contrasto ha pensato Kimberly Christen , ricercatrice della Washington State University : collaborando alla costruzione dell’archivio fotografico, spiega a BBC , ha osservato che l’atteggiamento con cui le persone si relazionavano con i contenuti digitali era lo stesso atteggiamento che, integrato nel sistema sociale della popolazione, regolava i rapporti e le relazioni fra membri. L’unica soluzione per evitare che la popolazione rifiutasse il sostegno tecnologico alla conservazione del proprio patrimonio culturale era creare un archivio che ricalcasse lo schema di divieti e concessioni che sorregge la cultura locale.
È nato così l’ archivio Mukurtu : Mukurtu è una borsa fatta di fibre intrecciate, usata dagli anziani, nella quale è assolutamente proibito curiosare. Così è l’archivio che la popolazione Warumungu ha scelto per sé: persone con diversi status sociali possono accedere a diversi contenuti, le norme sociali che regolano la comunità sono state travasate in una sorta di sistema DRM costruito dalla comunità stessa.
Ogni contenuto è etichettato con dei tag che rendono esplicite le proibizioni , ogni membro della comunità dispone di un profilo completo di tutti i parametri che contribuiscono a determinare il proprio status. Una username e una password a certificare l’identità di ciascuno e a consentirgli di accedere ai contenuti che i protocolli sociali gli consentono di fruire.
Si tratta di un sistema DRM debole , decisamente differente dai sistemi che blindano contenuti coperti da copyright e vigilano su ciò che le persone possono fare con essi: coloro che accedono all’archivio sono invitati a stampare, a riprodurre e a diffondere immagini e file, cultura e tradizioni.
Si tratta altresì di un sistema DRM collaborativo . Non si fonda sull’idea del controllo in senso gerarchico, ma piuttosto sull’idea del controllo fra pari: le modalità con cui il sistema di accesso opera sono decise dalla comunità, rispecchiano i valori della comunità e possono essere modificate dalla comunità, perché aderiscano appieno a una cultura in continuo divenire.
Gaia Bottà