Mentre gli Stati Uniti si attrezzano per mettere dazi su Parmigiano, l’Italia si attrezza per far pagare le tasse alle aziende USA attive nel nostro paese. Il parallelismo è forzato, ma non del tutto campato per aria: in comune v’è la logica dei confini e dei mercati transnazionali, laddove import ed export diventano merce di scambio alla mercé dei equilibri geopolitici di difficile lettura (ma la cui fibrillazione è ormai da tempo sotto gli occhi di tutti). Il caso Netflix va dunque letto in quest’ottica? Forse si, forse no. Ed in ogni caso è qualcosa di profondamente inerente all’idea di Webtax europea sulla quale si andrà inevitabilmente a lavorare entro i prossimi anni.
L’accusa al momento sarebbe quella di “omessa dichiarazione dei redditi“. E su questo si andrà a discutere in sede di giudizio: Netflix deve o non deve parte dei propri introiti al Fisco?
Il caso Netflix
La notizia, emersa dal Corriere della Sera, preannuncia indagini su Netflix in virtù del suo profilo nei confronti del fisco italiano. In particolare l’Agenzia delle Entrate avrebbe contestato a Netflix il fatto che, pur avendo sede e infrastrutture tecniche in Italia, il servizio non paghi il dovuto al nostro Paese. Al momento la difesa è formale, con dichiarazioni tali per cui si preannuncia collaborazione, si dichiara innocenza e si portano avanti altri argomenti di circostanza. La parola è per il momento però nelle mani delle autorità, le quali a seguito delle indagini dovranno spiegare nel dettaglio quanto rilevato.
Paghiamo tutte le imposte dovute in Italia e in altri Paesi del mondo. Inoltre, Netflix investe milioni di euro in produzioni italiane, contribuendo così a creare posti di lavoro e a sostenere la comunità creativa locale.
Netflix Italia
Il cuore della questione è nel principio di “stabile organizzazione“, il cui perimetro ed il cui redditi imputabile sono stabiliti da disciplina consolidata. Di questo Netflix dovrà rispondere di fronte al Fisco: quella del gruppo in Italia è o non è una attività con stabile organizzazione nel nostro paese? I server e le infrastrutture di rete da cui prendono corpo gli streaming sono o non sono parte integrante di una vera e propria attività concretizzatasi all’interno dei confini nazionali, se non altro da un punto di vista strettamente fisico e materiale? Se così è, il Fisco pretende la propria parte. A Netflix non sarebbero contestate organizzazioni di persone, che in effetti non sussistono: l’attività viene effettivamente svolta dal punto di vista commerciale e contenutistico con una sede estera. Tuttavia secondo il Fisco non si può ignorare la presenza in loco di server e infrastrutture che dislocano Netflix dal punto di vista materiale in Italia, sia pur se per “delega”.
Secondo il Corriere della Sera tutto ruota attorno alla definizione di “stabile materiale” ed il corpo del reato sarebbe nelle infrastrutture di Roma e Milano. Un alto fattore di rischio che cade su Netflix proprio nei giorni del Parmigiano regalato al Segretario di Stato USA, Pompeo. Concomitanze curiose, in epoca di dazi e internazionalizzazione.