Da ormai 18 mesi la guida dell’MPAA è cambiata: non più lo storico Jack Valenti ma Chris Dodd , ex senatore del partito democratico, un politico con 30 anni di servizio alle spalle e totalmente esterno, fino a ieri, al mondo dell’audiovisivo. Il cambiamento è significativo: un CEO diverso per tempi diversi, tempi di mediazione e di alleanze, non più di guerra. Ed è infatti con spirito conciliante e ottimista che Chris Dodd si è presentato a Roma in un evento del Festival del Film di Roma nel quale era affiancato da Riccardo Tozzi, presidente Anica (l’associazione che riunisce produttori e distributori italiani).
Dodd le sue doti di politico le ha dimostrate subito con un lungo discorso dal sapore elettorale, ma anche molto indicativo della nuova politica MPAA. Cominciando da una serie di lodi all’industria del cinema italiana, si è detto felice di come cinema e tv abbiano tenuto duro in questi tempi di crisi mondiale: “È un settore che ha visto i suoi profitti calare ma molto meno di quello che temevamo”. Dopodichè ha preso di petto la pirateria usando i soliti toni: “La proprietà intellettuale rimane la base di un’industria audiovisiva sana, ma la tecnologia moderna rende troppo facile rubare le idee altrui per i propri profitti. E non c’è parola migliore di furto (…) Per secoli abbiamo combattuto il furto in tutte le sue forme e le nuove tecnologie non sono una scusa per dimenticare i nostri valori”.
Contrariamente al passato però la visione di Dodd è molto più collaborativa. L’idea è di lavorare tutti insieme, in tutti i paesi, in armonia con l’industria della tecnologia che sempre di più si avvicina alle posizioni dell’MPAA (a tal proposito ha citato la decisione annunciata in agosto da Google di modificare il proprio algoritmo per spingere in fondo alle pagine dei risultati chi veicola materiale pirata). Dunque non più cause a ragazzi di 15 anni che scaricano ma alleanze con i colossi della tecnologia, sostiene il senatore, eppure il sistema di lotta alla pirateria promosso dall’MPAA è sempre quello a 6 strikes, cioè 6 avvertimenti prima della disconnessione dell’individuo beccato a scaricare materiale protetto da copyright: “È così perchè abbiamo capito che dopo il primo avvertimento o al massimo dopo il secondo quasi tutti i soggetti smettono di scaricare, perchè si rendono conto di quel che hanno fatto. Specie se poi hanno intorno a loro tante alternative legali per fare la stessa cosa”.
Infine, con un tono di voce crescente e trionfante, Dodd ha concluso il proprio discorso dicendo: “Quest’industria ha tenuto duro per un secolo in tutto il mondo, attraversando buoni e cattivi tempi, portando risate e lacrime a tutti e sono sicuro che continueremo a farlo”. E citando sia il repubblicano George W. Bush che il Morgan Freeman di Deep Impact , ha concluso con un enfatico: “We will prevail!”.
La medesima apertura verso gli operatori tecnologici e le possibilità di Internet (controbilanciate da una lotta alla pirateria tenace) è ritornata anche nel discorso di Riccardo Tozzi , più centrato sulla realtà italiana ma ugualmente ottimista: “Dobbiamo concentrarci in uno sforzo di analisi, lucidità e studio degli strumenti per fare di Internet la grande fonte di distribuzione e fruizione culturale che ci permetterà di valorizzare le library e la storia del cinema allo stesso modo dei prodotti apparentemente minori che hanno difficoltà in sala”.
Del resto già poco tempo fa il presidente Anica aveva ripetuto come la catena distributiva del cinema vada necessariamente ripensata per cambiare la distanza tra lo sfruttamento in sala e quello domestico. Film che escano prima online che in sala non sono un miraggio e, nell’idea di Tozzi, si dovrebbe iniziare da subito con quelle pellicole dalla vita difficile al cinema, per cominciare ad abituare il pubblico: “ma dobbiamo creare un pacchetto molto intelligente di promozione e visibilità che non screditi questi film” e in questo modo creare il terreno propizio alla medesima transizione dei film maggiori.
A Chris Dodd abbiamo allora chiesto come mai, a fronte di tutta questa guerra e condanna ai pirati, le forme di commercio legittimo di contenuti audiovisivi più di successo in Rete stiano importando sempre di più il modello di tutto, subito e senza preoccuparsi del denaro (che nella versione legale si traduce in un abbonamento flat) che la pirateria adotta fin dalla fine degli anni ’90? Forse che il vituperato e osteggiato sistema di distribuzione sviluppato dalla pirateria, in una sua versione legale, è il futuro del videonoleggio? Da buon politico Dodd ha risposto con un misto di elusività e vaghezza: “La persona che è alla guida della HBO è un mio caro amico, lavorava con me nel mio ufficio al senato e mi raccontava poco tempo fa di avere un problema, molte persone amano i suoi show come Il trono di spade o Boardwalk Empire ma non tanti altri, quindi non pagano l’abbonamento annuale al canale ma preferiscono rubare i singoli episodi degli show che preferiscono, perchè possono farlo. Il modello flat sta diventando sempre più obsoleto, il video on demand è il futuro”.
Alla nostra obiezione per la quale tutti i grandi store di film e serie tv di maggiore successo negli Stati Uniti, Netflix in testa e iTunes escluso, utilizzino il modello flat il senatore ha risposto semplicemente che non crede che sarà così in futuro.
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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