Eric Schmidt forse non era mai stato così loquace. Dalla difficile congiuntura economica degli USA al futuro delle connessioni mobili, dalle strategie per il futuro di Google fino all'(in)utilità di Twitter, nessun argomento sembra sfuggire all’acuta favella del CEO di BigG. E in rete ci si domanda: è solo voglia di attenzione mediatica, o c’è dietro qualcosa di diverso e più serio?
Schmidt ha aperto le danze la scorsa settimana, nel corso della Morgan Stanley Technology Conference di San Francisco. In quell’occasione, racconta Cnet , il CEO di Google ha definito “veramente fosca” la situazione economica mondiale, ed ha ammesso che neppure Mountain View è del tutto immune dalla crisi.
Subito dopo, però, ha precisato che BigG continua a godere di ottima salute, e che resta “alla finestra” rispetto ai futuri sviluppi del mercato. “La buona notizia è che abbiamo una quantità di denaro da spendere” ha detto Schmidt, “quella cattiva è che stiamo tuttora lavorando per far comprendere a tutti il modello di acqusizione cui puntiamo. Penso che la situazione si sbloccherà presto, ma per il momento siamo in standby”.
Il tema delle acquisizioni, e delle possibili strategie di sviluppo per il futuro, è stato successivamente ripreso da Schmidt in una conversazione televisiva con il popolare anchorman della PBS Charlie Rose. Davanti alle telecamere, Schmidt ha confermato l’intenzione di Google di prendere tempo, in attesa di momenti di mercato più favorevoli. “Non dovrei parlare di operazioni specifiche. Comunque, le posso dire che è improbabile che la nostra azienda possa effettuare degli acquisti nel futuro prossimo, in parte perché i prezzi sono troppo alti. Ragion per cui, ci limitiamo a tenere la (grande quantità) di denaro che stiamo generando in cassaforte”.
Lo show è stato anche l’occasione per parlare dei device mobili di nuova generazione, cui Schmidt attribuisce enormi potenzialità di sviluppo e diffusione. Al punto di vederli come sostituti della tv: “Con questi dispositivi sarà possibile fare in futuro praticamente tutto quello che facciamo con il resto dei media. Leggere libri. Guardare la tv, con un grado di qualità molto elevato. (…) E quando questo accadrà, si tratterà di una esperienza molto migliore rispetto a quella del passato, perché si tratterà di una esperienza personalizzata”.
Ma la più chiaccherata tra le esternazioni recenti di Schmidt è senz’altro quella riguardante la relativa inutilità di Twitter , il servizio di messaggistica istantanea che più sta facendo parlare di sé in questi mesi. Lo scenario è sempre quello della Conferenza Morgan Stanley di San Francisco. Siamo quasi a fine sessione, alla raffica di domande da parte dalla platea. Ad un astante che gli chiede cosa pensi del popolare servizio di messaggistica “cinguettante”, Schmidt risponde sorridente che sì, “Google è favorevole a questi nuovi meccanismi di comunicazione”, ma poi aggiunge: “Come computer scientist vedo tutti questi sistemi come forme impoverite di email. Mi sembra che abbiano diversi aspetti della vecchia posta elettronica, ma che gli manchi qualcosa”.
A questo punto, c’è voluto pochissimo perché i commenti di Schmidt facessero il giro della rete. Secondo alcuni , le “innocenti” dichiarazioni del CEO di Google andrebbero lette “al contrario”, per cui le critiche a Twitter non sarebbero altro che il preludio ad un tentativo di acquisizione del servizio di “cinguettii” online.
Ma vi è anche chi legge nell’accaduto qualcosa di più che una variazione del vecchio tema “chi disprezza compra”. Comunque lo si voglia interpretare, si legge altrove, il comportamento di Schmidt nel corso del Twitter incident segnala il raggiungimento di una nuova tappa processo di “microsoftizzazione” di Google. Perché delle due l’una, spiegano gli autori del blog in questione: o sono effettivamente dettate dall’intenzione di deprezzare l’avversario per poi aggredirlo (una tattica non ignota a Microsoft), oppure denotano un forte grado di non-comprensione e sottovalutazione delle novità. Lo stesso che ha portato a suo tempo l’azienda di Redmond a sottovalutare la Rete, perdendo inesorabilmente terreno al cospetto degli innovatori.
Giovanni Arata