Quel che si temeva all’indomani del caso Google sta rapidamente concretizzandosi. In queste ore esponenti del Governo ribadiscono la necessità di nuove norme che rendano l’Italia un esempio per il resto del Mondo. Norme che devono essere pensate per “tutelare i minori”.
Non usa mezzi termini in una intervista a LaStampa il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni, che annuncia: “Intendo tutelare i minori dall’accesso a tutto ciò che possa danneggiare la loro formazione e il loro sviluppo. È assurdo e ipocrita avere una censura sui film vietati ai 14 anni e ai 18 anni quando poi in Rete c’è di tutto di più”. Il riferimento ai casi di bullismo , alle accese polemiche sui videogiochi violenti e, appunto, al “caso Google” è esplicito.
A detta di Fioroni “una regolamentazione è un prerequisito di civiltà e spero che l’Italia, per una volta, possa diventare un esempio”. Fioroni ha anche ribadito che insieme al collega Mastella (Giustizia) sta lavorando ad una nuova normativa ed entro Natale assicura una relazione, “stilata assieme al ministero delle Comunicazioni”, con cui verranno proposte le modifiche alle leggi attuali . “Dire che è complicato – ha anche dichiarato il Ministro, intenzionato a rintuzzare le infinite polemiche che hanno accesso la rete italiana in questi giorni – suona come una scusa. Io penso a porre il problema, saranno i tecnici a trovare la soluzione”.
Parole che fanno tremare chi ricorda come proprio sotto Natale, nel 2003, arrivò dal precedente governo un’altra bomba destinata ad Internet:, quella sulla data retention , una proposta shock di conservazione dei dati che si è concretizzata nel 2005 con il famigerato Decreto Pisanu con cui le comunicazioni degli italiani sono state poste sotto un controllo esteso e continuo. Una novità che i tecnici in blocco bollarono come “pericolosa”.
Né Fioroni sembra peraltro disponibile ad incardinare un’eventuale revisione delle normative in un contesto internazionale . A proposito della proposta di una Costituzione per Internet lanciata dal Forum di Atene il mese scorso, il ministro alla Pubblica Istruzione si è limitato ad affermare che “una costituzione per Internet è positiva, ma troppo complessa: io mi limito a proteggere i minori. Che in rete sono senza rete”.
Fioroni in queste ore viene preso di mira dalla blogosfera italiana: non manca chi fa notare come sia difficile per il Ministro mantenere il proprio blog, preso d’assalto da spammer pornografici in misura tale, chiosa qualcuno, che “prima di lamentarsi delle porcherie in giro per la Rete, il Ministro farebbe bene a dare una ramazzata a casa sua”. Commenti che sembrano aver già sortito un effetto: mentre scriviamo il blog del Ministro si presenta con una sola pagina: “Sito in aggiornamento”. Non la pensa come il collega di Governo Beatrice Magnolfi , sottosegretario diessino all’Innovazione nella PA. A suo dire “Internet non deve essere soltanto un territorio di diritti, ma anche di doveri e la consapevolezza dei rischi non deve mai soverchiare quella delle opportunità”.
Magnolfi, che ha parlato al convegno TelePA2006 di Roma, ha spiegato che “il Governo guarda con attenzione al tema delle regole della rete” e ha rivendicato che fu proprio l’Italia ad Atene a proporre quella costituzione per Internet che Fioroni ritiene “troppo complessa”.
Magnolfi sostiene che “nella rete di seconda generazione, in cui i contenuti sono prodotti dagli utenti, con livelli bassi o inesistenti di intermediazione, insieme alla libertà di esprimere il proprio pensiero, deve crescere anche la responsabilità personale delle azioni che si compiono”.
Va detto che già oggi, come noto, esistono regole severe sulla diffamazione, anche se compiuta via Internet, così come una direttiva europea già recepita dall’Italia nel 2003 sostanzialmente esclude la responsabilità per i fornitori di servizi nella Società dell’Informazione. E non a caso l’occhio di Magnolfi, al contrario apparentemente di quello di Fioroni, viaggia sul piano internazionale. A suo dire “gli strumenti legislativi di cui si dispone oggi sono certamente inadeguati. È necessaria una nuova regolamentazione a livello internazionale che tuteli da una parte la libertà di espressione e dall’altra la dignità personale”.
A detta di Magnolfi se ci si limita alla repressione non si va da nessuna parte , cosa tanto più vera se si intende colpire chi gestisce i siti, un chiaro riferimento alla denuncia piovuta su Google Italia per un video pubblicato da terzi su Google Video.
“Le misure di repressione o di censura preventiva – sottolinea il sottosegretario – oltreché lesive delle libertà fondamentali, sono inefficaci, perché troppo numerosi sono i contenuti immessi giornalmente in rete”. Non solo, Magnolfi ritiene un errore “far ricadere la responsabilità esclusivamente (corsivo della redazione, ndr.) sui gestori dei siti, che non sono gli autori dei contenuti e che, attualmente, secondo la direttiva europea del 2000, sono tenuti a rimuovere i contenuti illegali non appena ne siano a conoscenza”.
Pubblichiamo la lettera aperta al ministro della Pubblica Istruzione Fioroni di Alessandro Marescotti, che non è soltanto uno dei promotori della celeberrima associazione Peacelink ma è anche un docente di scuola media superiore
Gentile Ministro, sono un insegnante di scuola media superiore.
Quindici anni fa, con alcune persone che amavano la libertà e credevano nel valore della nonviolenza, ho fondato PeaceLink, una rete telematica per la pace.
Chi le scrive pertanto è strutturalmente contrario ad ogni tipo violenza, tanto alla guerra di invasione quanto al bullismo nella vita quotidiana. Ripudio ogni sofferenza inflitta a un’altra persona. Mi sono quindi naturalmente indignato di fronte ai video diffusi su Internet che riprendono un ragazzo autistico subire ripugnanti soprusi in un istituto tecnico superiore di Torino.
Tuttavia la terapia che è stata scelta – ossia inquisire i rappresentanti di Google Italia – mi sembra peggiore del male che si vuole curare. E non ho per nulla condiviso la sua opinione secondo cui i siti Internet debbano essere equiparati a testate giornalistiche. Lei ha affermato:
“Ritengo che la decisione della procura sia un motivo in più perché il Parlamento riveda l’assetto normativo in materia. Come ho più volte sostenuto non possono esserci due pesi e due misure, uno per carta stampata e tv e uno per la rete internet. Il rispetto della dignità umana è uno solo”. E ha aggiunto che “il principio di responsabilità non può essere declinato a seconda del mezzo di trasmissione su cui viaggia un reato”.
Tutto ciò non porta da nessuna parte, come le “grida” contro i “bravi” di manzoniana memoria.
Se lei consultasse qualche esperto scoprirebbe che Internet è così articolata da farsi beffa di queste dichiarazioni.
Internet continuerà a funzionare come sempre ha funzionato e potremo sempre trovare un sito nel più sperduto posto del mondo che ospiterà un video ripugnante, raggiungibile in qualsiasi momento sia per memorizzare sia per scaricare un contenuto immorale, riprovevole e disumano. E anche quando saremo stati capaci di compiere l’impossibile missione di controllare tutti i server del mondo in tutti gli stati del mondo – non ci riesce Bush non vedo come ci riuscirebbe la nostra magistratura – non saremo mai e poi mai capaci di controllare le reti peer-to-peer con cui milioni di utenti mettono i comune i contenuti dei loro hard disk rendendo condivisibili, nel bene e nel male tutti i file, da quelli musicali ai video.
Vuole controllare tutto questo estendendo la legge sulla stampa ai siti Internet?
Tempo sprecato.
Non servirà a bloccare gli odiosi e ributtanti filmati che sono stati diffusi su Internet. Tutto continuerà come prima. Il solo effetto che avrà la sua iniziativa – se andasse in porto – sarebbe solo quella di mettere in seria difficoltà i siti liberi italiani, come PeaceLink.
Fra qualche ora, nella notte, non potremo controllare l’utente che scriverà sul nostro sito. Potremo a posteriori rimuovere un suo messaggio ma non potremo a priori bloccarne la diffusione. Potremo cooperare per riportare dignità nella rete ma non possiamo bloccare i polpastrelli e i neuroni di chi si collega a noi.
Gentile Ministro, la sua scelta di equiparare Internet alle testate giornalistiche non è efficace per lo scopo che lei si propone, se lo faccia dire da chi ha cognizione della materia. La sua dichiarazione è solo frutto di scarsa esperienza. E un Ministro non può farsi guidare da un impeto di passione sorretto da una sostanziale non competenza in una materia che non padroneggia.
Tutto questo – anche se animato dai migliori propositi – finisce infatti per produrre l’opposto di ciò che si vuole ottenere.
Le mie idealità, finalizzate a costruire una telematica per la pace e la nonviolenza, coincidono completamente con gli obiettivi che lei vorrebbe raggiungere, ma i mezzi da scegliere – per me – divergono completamente da quelli che lei propone.
Occorre responsabilizzare profondamente le famiglie e gli insegnanti, non può essere Google a controllare al posto di un genitore che ha rinunciato a svolgere il suo compito educativo. Non può essere il gestore di un sito a intercettare alle due di notte (e come mai farà?) l’upload di un giovane diseducato ai valori civili e umani, che evidentemente vive in una scuola superficiale, indifferente e formalistica che non si accorge della mostruosità e della violenza che cova dentro di sé.
Il problema è questo: quel giovane potrà anche non fare l’upload ma in ogni caso avrà violentato, o maltrattato un altro essere umano, e vietare un upload non significherà aver ridotto la violenza o aver restituito dignità a chi è stato sfregiato nell’animo e nel fisico. Potremo rompere gli specchi che riflettono la realtà ma – ciò facendo – non avremo sradicato la violenza, ne avremo eliminato solo il riflesso.
Pertanto – gentile Ministro – da nonviolento, da insegnante e da persona che ha vissuto come pioniere la nascita della telematica sociale in Italia, la invito a riflettere, ad aprire un dibattito e a condividere con noi docenti un percorso educativo che porti a fare di Internet un mezzo di libertà, di liberazione e di dialogo.
La violenza la potremo eliminare non mandando Google in tribunale e intentando delle cause perse, ma costruendo una società in cui la guerra, la mafia e la violenza vengano contrastate con convinzione. Gentile Ministro, piuttosto che lanciare crociate impossibili per “pulire Internet”, cerchiamo almeno di pulire i partiti e di fare una legge che tolga dal Parlamento di tutti quei personaggi che – come hanno documentato Beppe Grillo e Marco Travaglio – non sono in regola con la Giustizia: “Parlamento Pulito” è possibile, signor Ministro. Forse questo darebbe ai giovani il segnale che gli adulti fanno sul serio. E che l’impunità non sempre è garantita.
Non si può gridare contro l’impunità in Rete e poi consentire l’impunità nel Palazzo.
Un cordiale saluto
Alessandro Marescotti
Docente di scuola media superiore
Taranto
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