Roma – Sono stati finalmente annunciati tutti i dettagli di un progetto di grande rilievo del quale fino a oggi sono circolate poco più che indiscrezioni. PlanetLab è una super-rete di sperimentazione alla quale stanno via via collegandosi molti nodi internazionali negli States, in Europa, in Asia e in Australia.
Per valutare e collaudare una grande varietà di nuovi servizi internet senza impattare sulla rete attuale e coordinando gli sforzi di ricerca, istituzioni del calibro dell’Università di Berkeley e colossi dell’informatica come Intel e ora anche HP hanno da tempo reso operativa una parte del progetto. Ma PlanetLab, come si vedrà, si configura prima di tutto come un “laboratorio per internet” che si trova su internet.
“Fino a questo momento – raccontano i responsabili di PlanetLab – hanno usato l’infrastruttura una 70ina di progetti di ricerca avviati al MIT, a Stanford e altrove, progetti che hanno riguardato il peer-to-peer, lo storage distribuito, la mappatura di rete e via dicendo”. Sulla rete, infatti, sono già molte le pagine dedicate dai ricercatori ai progetti in corso su PlanetLab, sintomo dell’enorme interesse che la nuova infrastruttura sta catturando negli ambienti accademici.
Già, gli scopi della “super-rete”, capace di inviare e trasmettere dati in simultanea tra numerosi utenti accademici, sono assolutamente ampi e comprendono anche tematiche di sicurezza. L’idea, infatti, è che attraverso PlanetLab sarà anche possibile individuare, con un tempismo del tutto inedito, il diffondersi di virus informatici o l’avvio di un attacco DDoS (distributed denial-of-service) teso a disabilitare uno o più sistemi operativi in internet.
L’infrastruttura di PlanetLab oggi è costituita da circa 160 macchine che sono gestite in 16 diversi paesi da 65 “nodi operativi”. 100 di questi computer furono devoluti da Intel al progetto quando un anno fa iniziò a muovere i primi passi. Tutte le macchine sono connesse ad internet e, nel complesso, ad un centinaio di diversi provider. Ma si tratta solo di un primo passo. L’idea è quella di costituire un network di circa un migliaio di nodi capaci di interfacciarsi con tutti i principali backbone regionali. Così PlanetLab consentirà ai suoi utenti ricercatori di avere letteralmente il “polso” della rete.
Il funzionamento del network si deve ad un pacchetto software sviluppato all’uopo, basato su Linux, sul quale girano sistemi di gestione dei nodi, di distribuzione degli aggiornamenti software, di monitoraggio dello stato dei nodi stessi, di valutazione dell’operatività del sistema e di controllo dei parametri. Il tutto condito da un sistema distribuito di gestione degli account utente.
“Lo scopo principale del software – si legge sul sito di PlanetLab – è di consentire una virtualizzazione distribuita, cioè la possibilità di allocare una parte delle risorse hardware complessive di PlanetLab per una specifica applicazione. Questo consente ad una applicazione di girare contestualmente su tutte o su una parte delle macchine distribuite nel mondo dove, in ogni momento, applicazioni diverse possono occupare porzioni diverse delle risorse di PlanetLab”.
“Il nostro scopo – ha dichiarato in queste ore Dave Culler, professore dell’Università di Berkeley e legato alla ricerca Intel – è quello di fornire ai ricercatori un campo da gioco per verificare le proprie idee. In futuro, le applicazioni si diffonderanno su una grande porzione del pianeta”.
Per conoscere PlanetLab da vicino questo è l’indirizzo da cui partire: http://www.planet-lab.org .