Roma – L’Istituto Europeo per la Tecnologia (EIT) – ovvero il MIT del Vecchio Continente – si farà. E il semestre di presidenza austriaca dell’ Unione Europea , secondo il funzionario viennese Gregor Woschnagg, giocherà tutte le carte possibili per realizzare il progetto. “L’obiettivo è quello di creare una struttura che prevenga la fuga dei cervelli verso gli Stati Uniti”, ha dichiarato Woschnagg.
Lo scorso autunno l’attuale presidente della Commissione UE José Manuel Barroso aveva sostenuto l’ iter legislativo per la creazione dell’EIT, adesso però è il momento del vero confronto nelle aule della Commissione stessa, fissato per il prossimo marzo.
L’ Educational Supplement del londinese Times ogni anno pubblica una classifica delle migliori università del mondo. Attualmente, Harvard e il MIT dominano incontrastate, ed altre cinque facoltà statunitensi sono posizionate fra le prime dieci. Un verdetto inaccettabile per molti politici di Bruxelles, che vorrebbero realizzare una rete universitaria europea capace di diventare la più solida alternativa al “dominio” formativo statunitense.
“L’idea è quella di portare qualcosa sul tavolo per il prossimo summit primaverile”, ha confermato Frederic Vincent, portavoce del dipartimento educazione della Comunità Europea. La Francia è in prima linea per il sostegno dell’iniziativa: tempo fa il Primo Ministro Dominique de Villepin aveva proposto di realizzare una struttura proprio a Parigi, sfruttando un budget di 360 milioni di dollari.
Il confronto politico, comunque, è ancora piuttosto acceso sul “metodo”, più che sugli scopi. Jorgo Chatzimarkakis, rappresentante tedesco presso il comitato per la ricerca del Parlamento Europeo , è convinto che l’Europa non dovrebbe cercare di copiare il modello statunitense. “Tutti sanno che non potrà essere una copia del MIT, perché per diventare tale – e quindi efficiente – ci ha impiegato più di 150 anni. Non abbiamo tutto questo tempo a disposizione”, ha dichiarato il politico liberale. “C’è una grande riluttanza da parte degli atenei europei nell’accettare la realizzazione di una super-università elitaria. Bisogna individuare una soluzione alternativa”.
Chatzimarkakis fa parte di una corrente trasversale che vede nel “network dei network” una migliore opportunità: università e aziende a stretto contatto per l’implementazione di progetti utili al mercato. “Non ci mancano le idee, abbiamo difficoltà a trasformarle in qualcosa di concreto. Questo è il vero problema dell’Europa”, ha aggiunto Chatzimarkakis.
L’ultimo rapporto della Commissione Europea, riguardante la ricerca tecnologica, ha rivelato una situazione stagnante. Il gap con gli Stati Uniti continuerebbe ad aumentare e, allo stesso tempo, paesi come la Cina e l’India starebbero diventando antagonisti sempre più agguerriti. Gli esperti sono preoccupati, perché il motore economico della tecnologia è strettamente legato all’innovazione. Se domani l’Europa non dovesse riuscire più a sostenere il passo degli altri paesi, tutto il comparto potrebbe soffrirne.
“Dobbiamo fare molto per l’innovazione. E’ evidente ormai che i settori più avanzati sono quelli più redditizi, e con il più alto tasso di crescita. Rimanerne fuori produrrebbe gravi effetti collaterali sull’intera economia “, ha dichiarato il Commissario Europeo per l’impresa Guenter Verheugen.
Dario d’Elia