Roma – Pochi giorni fa Joi Ito ha scritto un post molto interessante che riprende alcune considerazioni che aveva già espresso recentemente durante il TechTalk svoltosi a Minorca qualche settimana fa. Joichi Ito è un imprenditore ed investitore giapponese, ora CEO di Creative Commons e nel board di aziende come Technorati e Six Apart .
Il punto di vista di Ito è quello del Giappone, un paese dove il consumo di Internet da dispositivi mobili è prossimo a superare quello da PC, per una serie di motivi culturali e pratici, primo tra tutti la mancanza di spazi, che promuove l’uso di device di piccole dimensioni.
Tra le principali preoccupazioni di Ito, il fatto che la maggior parte degli operatori utilizzino tecnologie chiuse e siano facili target dei regolatori, mettendo a rischio l’apertura di Internet e la libera competizione che hanno reso possibili innovazioni come quelle portate da Google o dalle altre centinaia di startup che possono esistere grazie ad un ecosistema, sostenuto anche da aziende come la stessa Google, che seppur assomiglino sempre più ad un monopolio, non mancano di redistribuire parte dei propri proventi alle startup (si pensi ad esempio ad Adsense o a Mozilla che vive del box di ricerca nella barra indirizzi).
Nel caso del mobile Internet invece, gran parte dei ricavi generati da servizi e applicazioni vanno a ripagare le spese gonfiate degli operatori mobili per la ricerca e lo sviluppo o per le apparecchiature di rete, senza contribuire a sostenere un ecosistema di startup in grado di sviluppare nuove applicazioni innovative.
Ito non incolpa gli operatori, che in molti paesi operano sotto il peso degli ingenti investimenti effettuati per l’acquisizione delle licenze, ma sottolinea come questi, e quindi il mobile Internet, possano essere facilmente regolamentati e controllati dai governi. Ad esempio, il governo giapponese ha deciso di adottare filtri per “proteggere i giovani” da contenuti “non appropriati” e ha potuto facilmente obbligare gli operatori mobili ad introdurli sulle proprie reti, mentre su Internet è ancora acceso il dibattito su simili sistemi di regolamentazione dei contenuti.
Secondo Ito, si rischia di spostarsi troppo presto verso il mobile Internet, una piattaforma il cui DNA è diverso da quello di Internet e dove gran parte della ricchezza generata non ritorna alle startup ma è assorbita da equipment maker e altri vendor di grandi dimensioni.
A noi italiani o europei questa transizione appare indubbiamente molto più lenta e forse meno drammatica, in considerazione del minore controllo esercitato dagli operatori su servizi e terminali, tuttavia il punto di vista di Ito rimane molto interessante e le sue considerazioni sul caso giapponese potranno facilmente essere estese ai mercati europei. Poco più di un anno fa Tim Berners Lee, padre del Web, si rivolgeva ad operatori e device maker durante il 3GSM con avvertimenti e considerazioni molto simili, descrivendo il mobile Web così come lo avrebbe voluto, una piattaforma aperta e competitiva con standard in grado di facilitare l’innovazione.
Pietro Saccomani
VoipBlog.it